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Le fazioni dell'Ippodromo di Costantinopoli

Spesso si sente dire che l'uomo moderno pensa solo allo sport, ma in realtà non è una cosa nata proprio l'altro ieri. Se parliamo dell'impero d'Oriente medioevale, i famosi giochi gladiatori erano già finiti da un bel pezzo, questo perchè la morale cristiana aveva messo in dubbio la liceità di uccidere dei fedeli per puro divertimento, ma anche perchè un buon gladiatore era estremamente costoso da formare, perciò più l'impero si trovò in difficoltà, più le risorse divennero limitate e gli spettacoli sempre più miseri e meno interessanti.


Per molti anni continuarono i venatores, ossia spettacoli di caccia, attestati per esempio a Roma nel 509, ma la difficoltà di reperire animali esotici rese anche questo intrattenimento blando; spesso si ricorreva infatti ad usare cervi o perfino capre.


La maggior forma di divertimento rimasero le corse di cavalli, che ebbero la loro massima espressione nell'ippodromo di Costantinopoli, una struttura che poteva ospitare 100.000 persone, forse 150.000, costruita in marmo e addobbata con preziosi e statue adatte e mostrare la potenza dell'impero.


Oltre ad ospitare le corse, l'edificio era anche usato per eventi quali parate, processioni ed esecuzioni pubbliche.


Proprio come al giorno d'oggi, esistevano delle squadre o fazioni, originariamente 6, che però si ridussero a 2 già in epoca Giustinianea, e prendevano il nome dal colore ufficiale che li caratterizzava: i Verdi e gli Azzurri. Gli altri erano i Bianchi, i Rossi, gli Oro e i Porpora.


La squadre non avevano solamente una funzione ricreativa, ma erano il centro di un giro di scommesse, appalti, nomine talmente grande da poter addirittura influenzare la nomina e le politiche dell'imperatore. Si facevano anche portavoce degli interessi dei cittadini, per esempio i Verdi spesso sostennero l'eresia monofisita, mentre gli Azzurri erano sostenitori della popolazione meno agiata e dell'ortodossia religiosa. Entrambe le squadre costituivano dei contropoteri formidabili dal punto di vista sociale, politico e anche militare.


Per rendere l'idea di quanto questi gruppi di “ultras” fossero potenti, possiamo citare la grande rivolta di di Nika durante il regno di Giustiniano, dove entrambe le fazioni si coalizzarono contro l'imperatore perchè questi aveva fatto arrestare alcuni membri colpevoli di molti omicidi; le due squadre mobilitarono così tanti uomini da costringere l'impero a mobilitare gli eserciti d'oriente e i suoi migliori generali. Negli scontri che seguirono, gli insorti persero 30.000 uomini, ma questo non distrusse il potere detenuto dalle squadre.


L'imperatore Maurizio fu invece deposto e ucciso anche perchè si inimicò le fazioni riducendo il numero dei giochi, e anche i sovrani Giustiniano II e Leonzio videro il loro potere crollare per essersi inimicati le fazioni dell'ippodromo.


Eraclio, d'altra parte, ottenne rapidamente la porpora perchè appoggiato dai Verdi, e ricordiamo che perfino Giustiniano dovette la sua posizione per essere venuto a patti con gli Azzurri.


Tuttavia, col passare dei secoli il contrarsi dell'impero, le corse dei cavalli divennero sempre meno numerose e più povere, di conseguenza anche le fazioni persero di importanza; le ultime fonti riguardo le gare risalgono al IX secolo, ma già attorno al 700 le squadre avevano un'importanza così misera da essere quasi solo cerimoniali .


L'ippodromo continuò ad essere usato per parate ed eventi pubblici, attorno al 1176 Manuele Comneno introdusse l'uso delle giostre in stile occidentale, senza assistere alla resurrezione delle vecchie fazioni, ma dopo il saccheggio del 1204 tutto andò in rovina e l'edificio fu usato come cava per tutto il resto dell'impero. Il grosso delle ricchezze fu spartito fra le potenze occupanti (una su tutte Venezia).


Procopio ci fornisce una viva descrizione di quanto fossero importanti le Fazioni al suo tempo:


«In ogni città, fin da tempi antichi, la plebe è divisa nelle fazioni degli Azzurri e dei Verdi, ma solo di recente, per la rivalità nelle gare sportive tra queste due fazioni e la scelta dei posti nel circo da cui assistere alle gare stesse, i cittadini sperperano denaro e si azzuffano tra di loro, non esitando a rischiare anche la vita per uno scopo così futile. Vengono violentemente alle mani con i loro avversari, senza pensare per quale sciocchezza si gettano nel pericolo, e pur sapendo che se anche riusciranno a sopraffare i loro antagonisti nella zuffa, non avranno altro risultato che quello di essere immediatamente tradotti in carcere, per morire, quindi, dopo aver sofferto le peggiori pene. Ma è vivo tra di loro un odio che non ha giustificazioni, e che pure continua per tutta la vita, senza mai placarsi, perché non cede né ai legami del matrimonio né a quelli della consanguineità o dell’amicizia, anche se sono fratelli o parenti prossimi coloro che si trovano rivali nella passione per l’uno o l’altro di questi colori. Non importa loro né di leggi religiose né di leggi umane, di fronte all’entusiasmo di veder vincere il colore prediletto. Se anche qualcuno in città commette un sacrilegio verso Dio, se le leggi e gli ordinamenti dello Stato vengono violati da concittadini o da stranieri, se anche essi si trovano privi delle cose di prima necessità o la patria è colpita dalle più gravi sventure, non muovono un dito, a meno che ciò non offra una possibilità di vittoria per la loro “parte” (così essi chiamano il proprio gruppo di faziosi). Né di tale fanatismo vanno esenti le donne, che anzi non solo si associano ai propri mariti, ma litigano con loro, se si presenta il caso, sebbene esse non vadano mai agli spettacoli del circo e non abbiano altro giustificato motivo. A mio parere, non si può definire questo se non un pervertimento morale. Eppure, proprio in questo modo vanno le cose fra le masse popolari della città.»


Un articolo di Emanuele Rizzardi:


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