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Immagine del redattoreEmanuele Rizzardi

Considerazioni sulla comunanza fra Traci, Daci, Mesi, Valacchi e Protoslavi



Facciamo una grande premessa per la creazione di questo articolo: anzitutto dobbiamo tenere conto delle principali teorie sulla Protopatria degli Slavi che potete trovare in questo link. Qui sotto riprendiamo un pezzettino per semplicità:


All’inizio il problema più importante mi sembrava quello di distinguere con precisione il tracio dal dacio e dal getico e ho seguito l’insegnamento di Duridánov (quindi di Georgíev) soprattutto per questo aspetto.

Poi però, verificando con più attenzione le varie teorie sui Daci e i Mesî, mi sono reso conto che le trasformazioni dall’indoeuropeo al dacomisio sono identiche a quelle dall’indoeuropeo allo slavo, ho recuperato gli studî di Duridánov sulla toponimia della Mesia e quelli di Mario Enrietti sulle solidarietà fra protoslavo e rumeno e infine ho appreso che il lignaggio genetico autosomico patrilineare degli Slavi Meridionali è in grandissima maggioranza diverso da quello comune agli Slavi Occidentali (Cechi, Slovacchi, Sorabi, Polacchi) e Orientali (Russi, Bielorussi, Ucraini).

La conclusione che mi sono trovato obbligato a trarre è questa: l’unificazione delle Teorie Occidentalista e Orientalista sulla Protoslavia (ossia che la Protopatria degli Slavi andasse dalla Volga all’Elba) vale per gli Slavi Settentrionali (= Occidentali e Orientali), ma la Protoslavia si estendeva anche nel Bacino Danubiano-Carpatico e quindi era in parte ricompresa nell’Impero Romano.

Non che i Russi o i Polacchi siano mai provenuti da Sud; è chiaro che rappresentano la continuità della popolazione (baltoslava) dell’Istmo Ponto-Baltico. Ma gli Slavi invasori di cui parlano le fonti bizantine sono semplicemente i Daci e i Geti e a Sud del Danubio si sono stanziati fra popolazioni (discendenti dei Mesî) che, come già sapevamo, parlavano la loro stessa lingua: in altri termini, nell’Impero Romano c’erano già gli Slavi ed erano nient’altro che i Mesî, i Daci e i Geti.

Certo, all’epoca dell’Impero Romano non parlavano ancora il protoslavo; parlavano appunto il dacomisio, che, come ci mostra la toponomastica, era identico al baltoslavo a Nord dei Carpazi. Tuttavia, è dai territorî già romani che sono partite le innovazioni che hanno più differenziato (insieme a quelle di origine ’īrānica: scitica, sarmatica e alanica) il futuro protoslavo dal resto del baltoslavo (ossia dal baltico).

Ecco perché le principali innovazioni protoslave sono così simili alle trasformazioni dal latino classico al latino volgare (in particolare al latino balcanico): si sono diffuse dal latino volgare al dacomisio (tardo) e da qui al resto del protoslavo...

Quindi, per riassumere: la Protopatria degli Slavi si estendeva sì dall’Elba alla Volga (unificazione delle Tesi Occientalista e Orientalista), ma anche a Sud dei Carpazi (compresa la Bassa Pannonia), fino ai Balcani e alle Alpi Dinariche. Così si capisce perché Strabone scrivesse che i Traci sono la nazione più grande del Mondo: intendeva anche i Dacomisî e i Baltoslavi, che in effetti, tutti insieme, occupavano mezza Europa (l’altra metà essendo invece perlopiù celtica).

Dunque, visto da Sud e con la terminologia etnica greco-latina, i Traci erano compresi fra l’Egeo e i Balcani, a Nord dei quali abitavano i Mesì fino al Danubio, oltre il quale i Geti e, in Transilvania, i Daci (nei Carpazi i Coestoboci, che erano dimostrabilmente Slavi nel senso più stretto del termine); a Nord dei Carpazi la stessa comunione linguistica continuava con gli Slavi veri e proprî e, più a Nord (fra il Baltico e la Moscova), i Balti. Non c’era quindi un “sostrato”: come gli Indoeuropei danubiano-carpatici sono diventati i Daco-Misî (e Geti), così gli Indoeuropei ponto-baltici sono diventati i Baltoslavi e le trasformazioni linguistiche degli uni e degli altri sono state le stesse, dopodiché quelle dei Daco-Misî e Geti a contatto con la Latinità Balcanica hanno innescato le traformazioni dal baltoslavo al protoslavo (ciò spiega perché i nomi delle città della Dalmazia risultano essere passati dal latino volgare a una fase ancora baltoslava, a partire da cui hanno poi preso parte a tutte le trasformazioni dal baltoslavo al protoslavo: non è che i Baltoslavi si siano spostati fino all’Adriatico, sono semplicemente i Dalmati dell’Entroterra che parlavano baltoslavo e poi si sono trasformati in Protoslavi). Per fare un paragone con l’Occidente: come non c’era differenza fra il gallico e il britannico, così non ce n’era fra il dacomisio e il baltoslavo. Non è che i Daci si estendessero a Nord dei Carpazi: erano gli Indoeuropei a Nord dei Carpazi che si sono trasformati linguisticamente allo stesso modo degli Indoeuropei da cui sono discesi i Daci, i Geti &c.

Dopo la fase indoeuropea preistorica si sono diffuse, da centri diversi, trasformazioni linguistiche reciprocamente alternative: certi dialetti ne accoglievano alcune, altri altre. I confini fra i dialetti indoeuropei che hanno accolto le innovazioni germaniche e quelli che hanno accolto quelle celtiche oppure quelle baltoslavo-dacomisie sono diventati i confini fra le classi linguistiche germanica, celtica e baltoslava(-dacomisia).

Il confine celto-germanico andava più o meno dal Basso Reno ai Mittelgebirge, tendendo sempre più verso Sud-Est (al punto che la Baviera settentrionale era germanica); il confine germano-baltoslavo doveva andare, approssimativamente, dal Baltico lungo il bacino del fiume Oder fino all’alto corso dell’Elba. Celti e Baltoslavo-Dacomisî confinavano sul Medio Danubio (indicativamente fra Vienna e Bratislava), in Pannonia (la Pannonia Superiore era celtica, la Pannonia Inferiore baltoslavo-dacomisia, anche se i Celti Scordisci si sono poi spinti fino alla zona di Belgrado) e, più a Sud, fra Pannonia Superiore (appunto celtica) e Dalmazia (se non era, almeno in parte, illirica), fino ai Liburni (veneto-istro-liburnici) in prossimità dell’Adriatico. La costa adriatica veneto-istro-liburnica si è massicciamente latinizzata (data anche l’affinità linguistica), i Dalmati sono diventati Slavi e poi anche i Celti alpini sudorientali si sono a loro volta slavizzati, diventando gli Sloveni (da notare che hanno assunto il nome generale degli Slavi Meridionali, appunto Sloveni).


Un aspetto delicato che vedo (spesso trascurato) nei livelli di appartenenza ‘intermedî’ è la loro sovrapponibilità. Per esempio, un Valacco del 1500 poteva con ottime ragioni considerarsi ed essere qualificato come gallesco (‘valacco’), tedesco (in particolare... boemo), serbo o greco: la somma delle appartenenze coincide con le quattro Nazioni dell’Europa in epoca ottoniana (Greci, Latini, Germani, Schiavoni). Riconoscere la coesistenza di identità (apparentemente) ‘alternative’ costringe a cercare una cornice comune sovraordinata, all’epoca ‘cristiana’ (somma di romano-germanica e greco-slava), oggi appunto ‘indoeuropea’.

È questa ampiezza di orizzonti che riconcilia le opposizioni e offre (come l’unificazione delle teorie sulla Protoslavia...) una soluzione ai conflitti di lealtà identitaria; la sua mancanza contribuisce, credo, ad alimentare i tentativi ipernazionalistici di riscatto dalla frustrazione di essere ‘prigionieri’ di una Nazione percepita come mediocre


Sulla formazione del rumeno a Sud del Danubio non sussistono dubbi, data la toponimia locale e le attestazioni storiche; si può discutere sulla continuità anche a Nord del Danubio, del tutto verosimile nelle città: il punto cruciale è che il nome del fiume Olt, anticamente (come registrato in latino) Ălŭtă, presuppone la trasformazione slava (del IX. secolo) Olŭtŭ (donde Olŭt nel X. secolo) da Ălŭtŭ < Ălŭtăs, mentre se il latino Ălŭtă si fosse conservato in rumeno suonerebbe, nel migliore dei casi, †Altă (nel peggiore †Arătu). In altri termini, il nome rumeno del principale fiume che attraversa e divide in due la Valacchia è stato preso dallo slavo in rumeno dopo il IX. secolo.

D’altra parte, va osservato che proprio nel IX. secolo si è avuta la massima espansione del Khānato Protobulgaro (anche in tutta l’attuale Romania), il quale per parte sua era centrato sulle aree più latinizzate (quindi protorumene) a Sud del Danubio (anche i nomi di alcuni suoi sovrani sono schiettamente latini, come Sabino, Campagnano &c.). Non dimentichiamo, poi, che la formazione dello slavo (necessariamente centrata sulla Dacia, altrimenti non avrebbe raggiunto il baltoslavo meridionale a Nord dei Carpazi) implica la presenza rumena a stretto contatto, dunque anche a Nord del Danubio. È quindi possibile che l’unificazione del protorumeno, fra Nord e Sud del Danubio, si sia compiuta nel IX. secolo e che allora sia avvenuta l’espansione anche nelle zone (a Nord del Danubio) all’epoca compattamente slave.


Un articolo di Guido Borghi


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