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Se sei un generale de tempo di Giustiniano e ricevi l’ordine di conquistare un territorio: così prepari il tuo esercito


È il VI secolo. A Costantinopoli regna Giustiniano, che sogna di riportare all’Impero d’Oriente le province perdute dell’Occidente. L’Africa vandalica, l’Italia ostrogota, la Spagna visigota: tutte appaiono come terre che un tempo furono romane e che ora devono essere “riconquistate”.

Come generale ricevi un compito ambizioso: condurre un esercito oltre mare e strappare un territorio al nemico. La tua prima sfida non è combattere, ma mettere insieme un’armata capace di affrontare la spedizione.


1. Un esercito fatto di strati: professionisti, federati e mercenari


Il reclutamento non avviene con la leva universale dei cittadini romani in stile moderno. L’esercito è un mosaico di uomini provenienti da contesti diversi:

  • Comitatenses: i soldati professionisti, stipendiati regolarmente e inquadrati nelle armate mobili dell’Impero. Sono la spina dorsale del tuo esercito, son ben armati e fanno paura. Di fatto è l'esercito "vero".

  • Limitanei: truppe di frontiera, meno addestrate ma utili come rinforzo e tappabuchi. Molti sono contadini-soldati che presidiano i confini e hanno solo il compito di difesa territoriale. Gonfiano i numeri, ma servono a poco.

  • Federati: contingenti di popoli “barbari” alleati dell’Impero o "vassalli" (Unni, Armeni, Eruli, Goti). Combattono sotto i propri comandanti, ma al servizio di Costantinopoli in cambio di terre e privilegi.

  • Mercenari: guerrieri assoldati per singole campagne. Costano molto, ma offrono specializzazioni preziose: la cavalleria unna, fanti pesanti goti, razziatori arabi. Non del tutto dissimili dai Foederati, a parte per la paga.

  • Bucellarii: questo è il corpo più interessante. Sono truppe private al servizio diretto di un generale, mantenute con il suo denaro personale oltre che con fondi imperiali. Belisario ne aveva migliaia, fedelissimi, scelti tra i migliori cavalieri. Procopio li descrive come “i più pronti a combattere e i più leali verso il loro comandante”. I bucellarii erano armati pesantemente e spesso considerati superiori persino alle truppe regolari.


Il risultato è un esercito multietnico, dove latini, greci, goti, unni, isauri combattono fianco a fianco. Una forza che unisce la tradizione romana con le abilità guerriere dei popoli delle frontiere. E come fanno a capirsi? Beh, nessun problema... i comandanti comunicano gli ordini di battaglia in Latino, e così sarà anche quando il latino non sarà più una lingua comune all'interno dell'impero. Chiaramente i vari reparti usano le proprie lingue locali.


2. L’arruolamento: prove, paga e fiducia


Per entrare nell’esercito, ogni uomo deve essere valutato. Non basta la forza fisica: serve affidabilità. Giustiniano sa bene che un esercito male disciplinato può tradirsi dall’interno. Questo almeno sulla carta, poi si sa come funziona...

  • Esame fisico e militare: il candidato deve mostrare abilità con l’arma principale, resistenza alla marcia e capacità di obbedire agli ordini.

  • Fedeltà "politica": Procopio racconta che Belisario diffidava dei suoi alleati unni, temendo che potessero abbandonare il campo in cambio di un’offerta migliore. La lealtà si compra con paga regolare e condivisione del bottino. Troppo spesso i soldati erano più fedeli ai loro capitani, che all'autorità centrale.

  • Paga e premi: la paga base è in solidi d’oro (nomismata), a cui si aggiungono razioni di grano, olio e vino. Ai bucellarii, essendo truppe personali, spesso si garantisce un trattamento migliore.


Solo così il soldato accetta di rischiare la vita per l’imperatore.


3. La struttura tattica: la supremazia della cavalleria


Nel VI secolo la fanteria non è più la regina incontrastata delle campagne.

  • Cavalleria pesante: cavalieri corazzati, armati di lancia e spada, capaci di sfondare le linee nemiche, ma anche di archi e mazze. Sono tra i più temuti. I catafratti sono l'elite dell'elite e sono numeri molto risibili... poche centinaia.

  • Cavalleria leggera: indispensabile per schermaglie, ricognizioni e rapidi colpi di mano. Le cronache lodano la loro abilità con l’arco a cavallo. In questo periodo gli "Unni" costituiscono ottimi reparti.

  • Fanteria: ancora numerosa, ma con ruoli di sostegno: arcieri, frombolieri, lancieri. Decisiva negli assedi e nella difesa. Un generale può anche combattere senza la cavalleria pesante, ma affidarsi alla sola fanteria significa correre enormi rischi.

  • Bucellarii: fungono da “corpo scelto” del generale. In battaglia sono collocati nei punti più delicati e possono ribaltare le sorti di uno scontro.

Procopio testimonia che la forza di una armata stava proprio nella capacità di combinare tattiche diverse: la cavalleria manovrata, la disciplina della fanteria, le armi d’assedio, e persino la flotta.


4. La logistica: l’arma invisibile


Un esercito non vive solo di battaglie. Le spedizioni giustinianee furono possibili perché l’Impero sapeva sostenere logisticamente i suoi uomini. Fin troppo spesso si cercava di contenere i costi e le razioni erano scadenti, causando scontenti nelle truppe e perfino epidemie.

  • Trasporti navali: nella guerra vandalica del 533, Belisario salpò con circa 500 navi cariche di cavalli, viveri e macchine d’assedio.

  • Rifornimenti: grano, vino, "biscotti" e carne salata venivano accumulati nei porti di partenza e distribuiti lungo la marcia.

  • Accampamenti ordinati: lo Strategikon – manuale militare attribuito a Maurizio, ma che riflette pratiche del VI secolo – insiste sulla disciplina negli alloggiamenti: fossati, palizzate, tende disposte per gradi, sentinelle sempre attive.

  • Finanze: Procopio scrive che l’Impero spese fortune per mantenere gli eserciti d’oltremare, e che spesso il malcontento nasceva quando la paga ritardava. Insomma, fare la guerra è un affare costoso e i soldati molto spesso non vengono nemmeno pagati!


5. Religione, onore e coesione


Un esercito così eterogeneo rischia di disgregarsi. Per mantenerlo unito servono strumenti simbolici:

  • Fede cristiana: croci, reliquie, icone accompagnano le truppe. Le benedizioni danno legittimità alla missione. Essere pagano è, in effetti, illegale e punibile.

  • Donativi e bottino: l’imperatore premia la fedeltà con ricompense in oro. Dopo la vittoria in Africa, Belisario distribuì ai suoi uomini gran parte del tesoro vandalo.

  • Prestigio personale del generale: i bucellarii sono legati non all’imperatore ma al comandante. La loro fedeltà è diretta, e proprio per questo costituiscono il nerbo della sua forza personale. Più un generale è famoso e vittorioso, più le truppe sono motivate a essergli fedeli... l'imperatore, un po' meno.


6. Strategia: come conquistare un territorio


Il generale deve pianificare con attenzione. La strategia si articola in fasi:

  1. Sbarco e protezione delle linee di rifornimento: senza la flotta, l’esercito muore di fame. Spesso l'esercito principale è supportato da armate più piccole, che marciano da terra.

  2. Rapida offensiva: Belisario insegnava a non disperdere le forze e a colpire rapidamente il cuore nemico. La guerra è diventata un affare chirurgico e preciso, con l'intento di assicurarsi una vittoria rapida per contenere i costi. Anche le armate sono ormai piccole.

  3. Assicurarsi l’appoggio delle élite locali: Dove possibile, con oro e donativi, ma anche risparmiando le città dai saccheggi.

  4. Consolidamento: si lasciano guarnigioni, si fortificano i porti, si avvia l’integrazione politica e religiosa.


Un esempio in numeri: i bucellarii di Belisario in Africa


Nella guerra vandalica del 533, Belisario contava circa 15.000 uomini. Procopio specifica che la cavalleria era in gran parte composta dai suoi bucellarii, “uomini scelti, amanti della disciplina, che lo seguivano non come sudditi ma come devoti compagni d’armi”.

Durante la battaglia di Ad Decimum, furono proprio i bucellarii a respingere l’attacco nemico in un momento critico, dimostrando quanto un generale potesse contare su questo corpo privato più che sulle truppe federate, spesso incerte.


Procopio è molto utile perché fornisce numeri abbastanza dettagliati delle spedizioni maggiori.

1. Spedizione vandalica (533)

  • Totale uomini: circa 15.000

    • 10.000 fanti e cavalieri regolari (comitatenses e palatini)

    • 5.000 cavalieri (soprattutto bucellarii di Belisario e contingenti federati unni, eruli, isauri)

  • Flotta: circa 500 navi da trasporto + 92 da guerra (dati Procopio, Guerra vandalica, I.14-17)

  • Stima proporzioni:

    • 2/3 soldati regolari

    • 1/3 truppe personali o federate (con forte peso dei bucellarii)

2. Spedizione gotica in Italia (535-540)

  • Forza iniziale: circa 7.500 uomini (Procopio, Guerra gotica, I.11), poi rinforzata fino a oltre 20.000.

  • Struttura:

    • Fanteria regolare: 8-10.000

    • Cavalleria regolare e federata: 6-8.000

    • Bucellarii di Belisario: stimati tra 1.500 e 2.000 (élite compatta e disciplinata)

  • Proporzione:

    • Bucellarii ~10%

    • Regolari ~60%

    • Federati e mercenari ~30%

3. Bucellarii

I bucellarii erano pochi in termini numerici, ma pesantissimi sul piano operativo.

  • Erano spesso cavalleria pesante di eccellenza, con addestramento costante.

  • Godevano di paga doppia (o comunque molto maggiore) rispetto ai federati.

  • La loro lealtà personale verso il generale dava stabilità al comando, in un’epoca in cui mercenari e federati potevano facilmente cambiare bandiera.

Tabella riassuntiva (approssimativa)

Campagna (VI sec.)

Totale truppe

Regolari

Federati/Mercenari

Bucellarii

Africa (533)

~15.000

~10.000

~3.000

~2.000

Italia (535)

~7.500→20.000

~12.000

~6.000

~2.000

Conclusione

Essere un generale bizantino al tempo di Giustiniano significava disporre di un esercito composito: soldati regolari, federati stranieri, mercenari e soprattutto i bucellarii, nucleo di fedelissimi che garantivano la stabilità del comando.

Lo preparavi non con una leva di massa, ma con paga, simboli religiosi, logistica efficiente e carisma personale. In questo modo potevi sperare di compiere l’impresa che l’imperatore desiderava: riportare all’Impero terre e popoli che un tempo erano Romani


Un articolo di Emanuele Rizzardi:


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