Nella costellazione di popolazioni nomadi che hanno abitato le steppe a cavallo tra l’Asia centro-occidentale e l’Europa orientale un posto di assoluto rilievo è occupato dai Cumani.
Bisogna innanzitutto delimitare il fenomeno: chi erano i Cumani? Da dove sono venuti? Perché si chiamano così?
Con il termine “Cumani” si indica una vasta confederazione di tribù turche, conosciuta come confederazione Cumano-Kipčaki, note a noi esclusivamente da fonti esterne, in quanto non hanno prodotto materiale scritto, anche se abbiamo testimonianze materiali di natura archeologica a supporto, perciò è opportuno tenere presente che le nostre fonti scritte sono prevalentemente ostili, dipingendoli come dei razziatori senza pietà, crudeli e violenti, assetati di sangue.
La loro origine è legata alla dissoluzione dell’impero dei Göktürk, del quale facevano parte i Kipčaki, probabilmente turchi originari della regione dell’Altaj riversatisi poi in Asia Centrale durante la dominazione göktürk nell’VIII secolo. Sappiamo che facevano parte di una confederazione di tribù turche, vassalle dei Göktürk, dopo la caduta dei quali iniziarono ad espandersi sempre più nell’area a ridosso dell’attuale Kazakistan, secondo però dinamiche ancora non del tutto chiare. Quello che è assodato è che erano già un gruppo solido nel X secolo.
Per quanto riguarda la denominazione, “cuman” è una parola turca che significa “pallido”, per cui è probabile che fossero chiamati così in relazione al colore della loro pelle, tendenzialmente più chiaro rispetto a quello delle altre genti turche. Per cui ci si riferisce a loro come Cumani nelle fonti greche e occidentali, mentre i Rus’ li chiamavano Poloviciani e gli Arabi Kipčaki. Probabilmente quest’ultima è la denominazione più corretta.
Sarebbe tuttavia sbagliato identificare pienamente i Cumani con i Kipčaki, in quanto si tratta di due rami differenti di una confederazione di molte tribù diverse. Si può dire, in termini molto generici, che mentre i Kipčaki costituivano il ramo orientale della confederazione, i Cumani abitavano le regioni più ad occidente, a contatto diretto con i Rus’, l’Ungheria, la Bulgaria e l’Impero Romano.
Noi ci riferiremo alle tribù facenti parte di questa grande confederazione, i cui limiti geografici si estendevano dal Danubio ad ovest al fiume Irtyš, in Siberia, ad est, e dalle foreste meridionali della Russia a nord fino al Mar Nero, al Caucaso e al lago Balkhash a sud, genericamente come “Cumani”.
Dal punto di vista religioso, per gran parte della loro storia i Cumani ebbero in comune con le altre popolazioni della steppa il culto sciamanico, principalmente tengrista, caratterizzato dalla venerazione degli spiriti degli antenati e dalla divinizzazione di fenomeni terreni, quali corsi d’acqua, montagne o animali, che venivano ricondotti ad una dimensione originaria. Ogni tribù era legata ad un fenomeno in particolare e nel caso dei Cumani particolare venerazione era attribuita ai canidi, sia lupi che cani. Successivamente, in particolare dopo la diaspora seguita alla conquista mongola, ma anche già prima di essa, altre religioni fecero breccia nei profughi cumani, in particolare l’Islam, infatti molti cumani della diaspora divennero mamelucchi e i primi sovrani mamelucchi come Baybars e Qalawun erano di origine cumana, ma anche il cristianesimo, nel caso dei cumani rifugiatisi in Ungheria e Bulgaria.
Si può ricordare a tal proposito una tradizione cumana attestata da fonti occidentali e messa in pratica in seguito all’assassinio a sangue freddo, da parte di nobili ungheresi, di Kotyan Khan, il leggendario capo cumano che, dopo essere stato sconfitto dai Mongoli, guidati da Subotai Baghatur nella battaglia del fiume Kalka (1223), condusse in salvo dall’orda mongola gran parte del suo popolo fino in Ungheria, dove andò incontro alla triste sorte. Qui, i restanti capi delle tribù che avevano seguito Kotyan, giurarono su un cane morto tagliato a metà di non smontare mai da cavallo finché la morte del Khan non fosse stata vendicata. L’Ungheria fu devastata.
Altro elemento centrale nella cultura cumana è l’aspetto militare. Comune caratteristica dei popoli delle steppe è la tradizione guerriera, condizione dettata in gran parte dallo stile di vita nomade in un territorio poco adatto alla coltivazione, per cui ostile alla vita sedentaria, che spinge i popoli che vi abitano, in condizioni di vita estremamente dure, a cercare sostentamento attraverso la razzia e le incursioni in terre straniere.
Ovunque le orde nomadi arrivassero, le fonti registrano terrore e distruzione, quasi fossero inarrestabili, salvo rari casi. A questa tendenza non si sottrassero i Cumani, conosciuti per la loro straordinaria abilità e rapidità a cavallo, con la famigerata “finta ritirata”, anch’essa comune alla maggior parte dei popoli della steppa, inducevano il nemico ad inseguirli per poi inondarlo con una salva di frecce. Per cui la maggior parte degli eserciti cumani era composta da unità equipaggiate in modo leggero, con spade, asce, accette e archi compositi, che basavano la loro forza sull’estrema mobilità, ma rispetto ad altre popolazioni affini, si registra anche una certa componente di cavalleria pesante in grado di caricare frontalmente senza timore, con lunghissime lance e scudi a mandorla.
Un esempio della straordinaria efficacia che le tattiche belliche cumane potessero avere in un territorio aperto e vasto come la steppa è dato dalla battaglia del fiume Kajaly, combattuta nel 1185 contro i Rus’ del principe Igor di Kiev, in cui i Cumani accettarono battaglia solo dopo aver costretto i nemici, pesantemente armati, ad un lungo inseguimento, che oltre a fiaccare il fisico e il morale aveva anche reso quasi inesistenti le vie di rifornimento. La battaglia fu ingaggiata presso il fiume che nelle fonti è noto come Kajaly, probabilmente un affluente del Don, dove i Rus’ subirono una disastrosa sconfitta.
I Cumani divennero famosi, soprattutto nel periodo tardo, come temibili e implacabili mercenari. Li ricordiamo per esempio al fianco di Ladislao IV di Ungheria nel tentativo di consolidare il suo regno. I Cumani, ancora pagani o musulmani, provocarono enorme orrore nella popolazione cristiana e furono alquanto vani i tentativi del re di tenerli a freno e sottometterli, tanto che alla fine molti abbandonarono l’Ungheria.
Un altro esempio è quando servirono gli imperatori di Costantinopoli, che li chiamavano “Alani”.
Fecero giuramento contro i Turchi in nome di Andronico II, salvo poi rimangiarsi la parola e allearsi con i nemici che avrebbero dovuto combattere, devastando la Bitinia e la Tracia, anche se in realtà erano già conosciuti e impiegati almeno a partire dal 1070, visto che presero parte alla battaglia di Manzikert.
Sotto l’Impero d’Oriente, molti vennero cristianizzati; durante il regno di Giovanni III Vatatze un gruppo molto nutrito venne insediato nella valle del Meandro e ottenne ricchi doni in cambio del battesimo.
Articolo di Andrea Flocco ed Emanuele Rizzardi
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ENGLISH VERSION:
CUMANS – Culture and Society:
In the constellation of nomadic peoples who inhabited the steppes straddling central-western Asia and eastern Europe, a place of absolute importance is occupied by the Cumans.
We must first delimit the phenomenon: who were the Cumans? Where did they come from? Why are they called that?
With the term "Cumans" we indicate a vast confederation of Turkish tribes, known as the Cuman-Kipčaki confederation, known to us only from external sources, as they did not produce written material, although we have material evidence of an archaeological nature to support, so it should be kept in mind that our written sources are mainly hostile, painting them as merciless raiders, cruel and violent, bloodthirsty.
Their origin is linked to the dissolution of the Göktürk empire, to which the Kipčaki belonged. They were probably Turks from the Altaj region who later moved to Central Asia during the Göktürk domination in the 8th century. We know that they were part of a confederation of Turkish tribes, vassals of the Göktürk, after the fall of which began to expand more and more in the area behind the current Kazakhstan, but according to dynamics still not entirely clear. What is certain is that they were already a solid group in the tenth century.
As for the name, "cuman" is a Turkish word meaning "pale", so it is likely that they were called so in relation to the color of their skin, which tends to be lighter than that of other Turkish people. Hence they are referred to as Cumans in Greek and Western sources, while the Rus' called them Polovicians and the Arabs Kipčaki. Probably the latter is the more correct designation.
However, it would be wrong to fully identify the Cumans with the Kipčaki, since they are two different branches of a confederation of many different tribes. It can be said, in very general terms, that while the Kipčaki constituted the eastern branch of the confederation, the Cumans inhabited the regions further west, in direct contact with the Rus', Hungary, Bulgaria, and the Roman Empire.
We will refer to the tribes that were part of this large confederation, whose geographical limits extended from the Danube in the west to the Irtyš River in Siberia in the east, and from the southern forests of Russia in the north to the Black Sea, the Caucasus, and Lake Balkhash in the south, generically as "Cumans."
From the religious point of view, for most of their history the Cumans had in common with other steppe populations the shamanic cult, mainly tengrist, characterized by the veneration of the spirits of the ancestors and by the deification of earthly phenomena, such as streams, mountains or animals, which were brought back to an original dimension.
Each tribe was linked to a particular phenomenon and in the case of the Cumans particular veneration was attributed to canids, both wolves and dogs. Later on, especially after the diaspora following the Mongol conquest, but also before it, other religions made their way into the Cuman refugees, in particular Islam, in fact many Cuman of the diaspora became Mamluks and the first Mamluk sovereigns such as Baybars and Qalawun were of Cuman origin, but also Christianity, in the case of Cuman who took refuge in Hungary and Bulgaria.
One may recall a Cuman tradition attested by Western sources and put into practice following the cold-blooded murder by Hungarian nobles of Kotyan Khan, the legendary Cuman chieftain who, after being defeated by the Mongols led by Subotai Baghatur at the Battle of the Kalka River (1223), led most of his people to safety from the Mongol horde as far as Hungary, where he met his sad fate. Here, the remaining leaders of the tribes that had followed Kotyan, swore on a dead dog cut in half never to dismount from their horses until the death of the Khan had been avenged. Hungary was devastated.
Another central element in Cuman culture is the military aspect. Common feature of the peoples of the steppes is the warrior tradition, a condition dictated largely by the nomadic lifestyle in a territory poorly suited to cultivation, so hostile to sedentary life, which drives the people who live there, in extremely harsh living conditions, to seek sustenance through raids and incursions into foreign lands.
Wherever the nomadic hordes arrived, the sources record terror and destruction, almost as if they were unstoppable, except in rare cases. The Cumans, known for their extraordinary ability and rapidity on horseback, did not escape this tendency. With the infamous "false retreat", also common to most of the peoples of the steppe, they induced the enemy to chase them and then flood him with a salvo of arrows. Therefore, most Cuman armies were composed of lightly equipped units, with swords, axes and compound bows, which based their strength on extreme mobility, but compared to other related populations, there is also a certain component of heavy cavalry able to charge frontally without fear, with very long spears and almond-shaped shields.
An example of the extraordinary effectiveness that the Cumans war tactics could have in an open and vast territory such as the steppe is given by the battle of the Kajaly river, fought in 1185 against the Rus' of Prince Igor of Kiev, in which the Cumans accepted battle only after forcing the enemies, heavily armed, to a long pursuit, which besides weakening the body and morale had also made almost non-existent supply routes. The battle was engaged near the river that in the sources is known as Kajaly, probably a tributary of the Don, where the Rus' suffered a disastrous defeat.
The Cumans became famous, especially in the late period, as fearsome and implacable mercenaries. We remember them, for example, at the side of Ladislaus IV of Hungary in an attempt to consolidate his kingdom. The Cumans, who were still pagans or Muslims, caused great horror among the Christian population and the king's attempts to rein them in and subdue them were in vain, so much so that in the end many abandoned Hungary.
Another example is when they served the emperors of Constantinople, who called them "Alani".
They swore an oath against the Turks in the name of Andronicus II, but then they went back on their word and allied themselves with the enemies they were supposed to fight, devastating Bithynia and Thrace, even if in reality they were already known and employed at least since 1070, since they took part in the battle of Manzikert.
Under the Eastern Empire, many were Christianized; during the reign of John III Vatatze a very large group was settled in the Meander valley and obtained rich gifts in exchange for baptism.
Article by Andrea Flocco and Emanuele Rizzardi
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