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Immagine del redattoreEmanuele Rizzardi

Campagna sasanide di Giuliano (363). Una analisi di cause e conseguenze

Quando parliamo di Giuliano dobbiamo capire che si tratta di un imperatore che, nel bene o nel male, è stato straordinario in ogni sua azione. Sopravvissuto quasi per caso alle epurazioni interne della sua famiglia, educato alla fede cristiana che sceglie poi di abiurare a favore del paganesimo, in un mondo che andava via via cristianizzandosi.

Filosofo, teologo, comandante militare, riformatore... non si è proprio tirato indietro in nulla e la sua campagna contro la Persia non è da meno.





Al tempo la frontiera orientale era sicura e anzi, all'Impero avrebbe fatto comodo mantenere la pace per concentrarsi sulle lotte religiose in corso... i Persiani cercarono perfino di conservare la pace, ma Giuliano scelse la guerra.

Ammiano ci dice che il motivo fu il desiderio dell'imperatore di emulare Alessandro Magno; altre teorie ci dicono che Giuliano fosse convinto di una vittoria facile e rapida che avrebbe assicurato un confine ancora più sicuro per i decenni a venire.

Un'altra ipotesi, con cui concordo, è invece di natura più pratica. Giuliano aveva vinto i Germani grazie al supporto delle legioni galliche, ancora in massima parte pagane e a lui fedeli, ma in Oriente, dove il cristianesimo era predominante, il suo governo era visto con sospetto e ostilità... serviva quindi una vittoria simile a quella avuta sul Reno. Vincere la Persia significava mostrare la forza dei veri dèi e del loro campione Giuliano... se la vediamo in questo modo, la scelta ci pare abbastanza obbligata, nonostante molti dei suoi generali sconsigliassero questa scelta e, si dice, anche gli oracoli ottennero responso negativo.


Qualunque sia la verità, l'imperatore prese il suo compito molto seriamente.

Nel 362 fece di Antiochia il suo quartier generale, ottenne il supporto dell'Armenia e radunò un'armata di 120.000 uomini e oltre 1.000 navi.

Non sappiamo se queste cifre sono corrette oppure no, nonostante vengano citate abbastanza nel dettaglio e anzi, a volte vengano addirittura aumentate... teniamo conto che è comunque il più grande esercito messo insieme in tutto il tardoantico se non di tutte la storia romana.

Per esempio, sia a Ponte Milvio che ad Adrianopoli Costantino e Valente schierano 20-25.000 soldati... e guardate quanto sono state fondamentali quegli scontri!

L'esercito, partendo da Antiochia nel 363, si mosse nel territorio alleato per poi seguire il corso del fiume Eufrate con l'obiettivo di catturare Ctesifonte, la capitale persiana.

L'imperatore mantenne alto il morale delle truppe donandogli 130 pezzi d'argento a soldato e facendo alcuni discorsi incoraggianti.

Il centro dell'armata era comandato da Vittore e costituito dalla fanteria pesante; la cavalleria, sulla sinistra era al comando di Arinteo e Ormida, un rinnegato persiano; la destra, che costeggiava direttamente l'argine del fiume mantenendo il contatto con la flotta, composta anch'essa di fanteria, era comandata da Nevitta. Le salmerie e la retroguardia erano sotto Dagalaifus, mentre gli esploratori erano guidati da Luciliano.

Giuliano mantenne il comando diretto di 65.000 uomini (85.000 secondo fonti generose), mentre suo cugino Procopio con 18.000 (secondo Ammiano 30.000) fu mandato a nord per congiungersi con gli alleati armeni, forse 20-25.000 uomini.

Mentre Procopio e gli armeni si congiunsero nella Mesopotamia settentrionale e iniziarono a saccheggiare la regione, Giuliano continuò la sua avanzata senza incontrare resistenza, catturando città dopo città.

Il fatto che i Persiani avessero un esercito in zona ma evitarono di cercare uno scontro campale può essere spiegato di sicuro con l'insicurezza verso un nemico molto numeroso, che scelsero di logorare con una politica di terra bruciata. Un primo ostacolo fu la fortezza di Maiozamalcha, che disponeva di difese formidabili, ma fu presa in pochissimo tempo dall'esercito romano. L'occupazione seguì la prassi del tempo, con massacri e saccheggi verso la popolazione che non si era arresa e aveva schernito Giuliano e Ormida dalla sicurezza delle mura.


A questo punto Giuliano era arrivato alle porte di Ctesifonte. Devastò la campagna, la residenza dello Shah e i suoi leggendari giardini.

A questo punto l'armata persiana, rimasta in guardingo silenzio a pedinare il nemico, si mosse per salvare la capitale.

Il generale Merena disponeva di molti più uomini dei Romani, cavalleria catafratta, elefanti da guerra indiani e forse 10.000 cavalieri pesanti/arcieri del corpo degli Immortali. L'esercito si dispose per impedire a Giuliano di passare il fiume Tigri, ma i Romani seppero rapidamente creare una falla nella difesa nemica e costrinsero Merana a ripiegare.


A questo punto la situazione diventa poco chiara. Socrate Scolastico, vissuto diversi decenni dopo, cristiano ostile ai pagani, ci dice che lo shah offrì a Giuliano tutti i territori che aveva conquistato, pur di avere la pace, ma Giuliano rifiutò proprio in emulazione di Alessandro Magno.

Nonostante questo apparente rifiuto, Giuliano temeva un attacco congiunto di una nuova armata persiana con quella già presente e, complice la mancanza di macchine d'assedio, decise di non assediare Ctesifonte ma di ripiegare verso nord a piedi, seguendo il Tigri, per ricongiungersi con Procopio e gli Armeni.

Nonostante il morale di Giuliano fosse molto alto, i suoi ufficiali temevano anche di rimanere senza viveri in territorio nemico e che si generasse un'epidemia.

Effettivamente, una volta che l'esercito mosse verso nord, era rimasto del cibo solo per altri 20 giorni.






L'esercito persiano continuò a bruciare tutto il possibile, sperando di affamare il nemico, ma ad un certo punto alcune schermaglie di trasformarono in una battaglia vera e propria che vie alla fine la vittoria dei Romani, ma a prezzo di pesanti perdite.

Poco tempo dopo, un attacco alla retroguardia romana si trasformò di nuovo in una battaglia presso Samarra.

Giuliano, che stava combattendo in prima linea senza le sue guardie del corpo, fece ripiegare i Persiani ma nella concitazione venne ferito al fianco e morì poco dopo.


Benchè le forze persiane si fossero ritirate, forse a causa della sorpresa, i comandanti romani decisero di nominare un nuovo imperatore in modo assolutamente frettoloso e che fu, ovviamente, espressione della volontà orientale.

Il trono fu affidato a Gioviano, un giovane ufficiale cristiano semisconosciuto e che, come dice Ammiano "godeva di fama modesta per i meriti di suo padre" e che non aveva alcuna esperienza militare.

La prima cosa che fece il nuovo imperatore, nonostante i suoi eserciti fossero invitti sul campo, fu di accettare una pace "vergognosa e ignobile", dove ammetteva la sconfitta con la Persia e cedeva praticamente tutto il territorio dell'alta Mesopotamia romana (circa 15 città).





Questa decisione causò l'ira delle città vendute al nemico, che furono riempite di scritte ingiuriose contro di lui. Non ebbe comunque modo di fare molto, visto che morì di indigestione (o a causa dei fumi di un braciere) pochi mesi dopo.


Finiva così la strana campagna di Giuliano, che arrivò quasi a conquistare la capitale nemica, non fu mai sconfitto in battaglia... ma perse la guerra (da morto).


Non sapremo mai come sono andate effettivamente le cose, ma seguendo una pura logica razionale possiamo supporre che la Persia non abbia offerto la pace, che Giuliano sia ritornato indietro semplicemente perchè Procopio era in ritardo nella marcia e desiderava raggiungerlo, insieme alle numerose vettovaglie armene, per poi riprendere l'assedio.

Questa ipotesi è avvalorata anche dal fatto che Giuliano scelse di proseguire a piedi e di smantellare la sua flotta fluviale, piuttosto che fuggire rapidamente sfruttando le navi.


Articolo di Emanuele Rizzardi








Bibliografia:

  • Ammiano Marcellino, Res gestae

  • Libanio, Orazioni

  • Zosimo, Storia nuova


Un bel romanzo che parla di Giuliano:



Se invece siete interessati a sapere che cosa accade dalla morte di Giuliano alla grande battaglia del Frigido:



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English version (by Luca Sirgianni):


Julian war against Sassanids: an analysis

When we speak of Julian, we must understand that he was an emperor who, for better or worse, was extraordinary in all his actions. He survived almost by chance the internal purges of his family, he was educated in the Christian faith which he then chose to abjure in favour of paganism, in a world that was becoming increasingly Christianised.

Philosopher, theologian, military commander, reformer... he did not shy away from anything, and his campaign against Persia was no different.








At the time the eastern frontier was secure and indeed it would have been convenient for the Empire to keep the peace to concentrate on the religious struggles in progress... the Persians even tried to keep the peace, but Julian chose war.

Ammianus tells us that the reason was the emperor's desire to emulate Alexander the Great; other theories say that Julian was convinced of a quick and easy victory that would ensure an even more secure border for decades to come.

Another hypothesis, with which I agree, is of a more practical nature. Julian had won over the Germans thanks to the support of the Gallic legions, still mostly pagan and loyal to him, but in the East, where Christianity was predominant, his rule was viewed with suspicion and hostility... so a victory similar to the one on the Rhine was needed. Winning Persia meant showing the strength of the true gods and of their champion Julian... if we look at it this way, the choice seems quite forced, despite the fact that many of his generals advised against this choice and, it is said, the oracles also had a negative response.


Whatever the truth, the emperor took his task very seriously.

In 362 he made Antioch his headquarters, obtained support from Armenia and assembled an army of 120,000 men and over 1,000 ships.

We don't know if these figures are correct or not, although they are quoted in quite some detail and sometimes even increased... let's keep in mind that it is still the largest army assembled in all of Late Antiquity if not all of Roman history.

For example, both at Ponte Milvio and Adrianople Constantine and Valens deployed 20-25,000 soldiers... and look how fundamental those battles were!

The army, starting from Antioch in 363, moved into allied territory and then followed the course of the river Euphrates with the aim of capturing Ctesiphon, the Persian capital.

The emperor kept up the troops' morale by giving them 130 pieces of silver per soldier and making some encouraging speeches.

The centre of the army was commanded by Victor and consisted of heavy infantry; the cavalry, on the left, was commanded by Arinteus and Ormida, a Persian renegade; the right, which skirted the riverbank directly and maintained contact with the fleet, also composed of infantry, was commanded by Nevitta. The infantry and rearguard were under Dagalaifus, while the scouts were led by Lucilianus.

Julian retained direct command of 65,000 men (85,000 according to generous sources), while his cousin Procopius with 18,000 (according to Ammianus 30,000) was sent north to join the Armenian allies, perhaps 20-25,000 men.

While Procopius and the Armenians joined forces in northern Mesopotamia and began sacking the region, Julian continued his advance without encountering resistance, capturing city after city.

The fact that the Persians had an army in the area but avoided seeking a pitched battle can surely be explained by insecurity towards a very large enemy, whom they chose to wear down with a scorched earth policy. A first obstacle was the fortress of Maiozamalcha, which had formidable defences, but was taken in a very short time by the Roman army. The occupation followed the practice of the time, with massacres and plundering of the population who had not surrendered and had taunted Julian and Ormida from the safety of the walls.



By this time Julian had arrived at the gates of Ctesiphon. He devastated the countryside, the Shah's residence and his legendary gardens.

At this point the Persian army, which had remained in guarded silence, tailing the enemy, moved to save the capital.

General Merena had many more men at his disposal than the Romans, cataphract cavalry, Indian war elephants and perhaps 10,000 heavy cavalry/armourers from the Immortal Corps. The army prepared to prevent Julian from crossing the Tigris River, but the Romans quickly created a gap in the enemy's defences and forced Merana to retreat.



At this point the situation becomes unclear. Socrates Scholasticus, who lived several decades later and was a Christian hostile to pagans, tells us that the shah offered Julian all the territories he had conquered in order to have peace, but Julian refused in emulation of Alexander the Great.


Despite this apparent refusal, Julian feared a joint attack by a new Persian army with the existing one and, due to the lack of siege machines, decided not to besiege Ctesiphon but to retreat north on foot, following the Tigris, to rejoin Procopius and the Armenians.

Although Julian's morale was very high, his officers also feared running out of supplies in enemy territory and creating an epidemic.

Indeed, once the army moved north, there was only enough food left for another 20 days.





The Persian army continued to burn as much as they could, hoping to starve the enemy, but at one point some skirmishes turned into a full-blown battle that eventually resulted in a Roman victory, but at the cost of heavy losses.

Shortly afterwards, an attack on the Roman rearguard turned again into a battle near Samarra.

Julian, who was fighting in the front line without his bodyguards, drove the Persians back, but in the excitement he was wounded in the side and died shortly afterwards.



Although the Persian forces had retreated, perhaps due to surprise, the Roman commanders decided to appoint a new emperor in a very hasty manner, which was, of course, an expression of Eastern wishes.

The throne was entrusted to Jovian, a young, half-unknown Christian officer who, as Ammianus says, 'enjoyed a modest reputation for the merits of his father' and had no military experience.

The first thing the new emperor did, despite the fact that his armies were unconquered in the field, was to accept a "shameful and ignoble" peace, in which he admitted defeat with Persia and ceded practically all the territory of upper Roman Mesopotamia (about 15 cities).







This decision caused the wrath of the cities sold to the enemy, which were filled with insulting inscriptions against him. He did not have the chance to do much, however, as he died of indigestion (or from the fumes of a brazier) a few months later.



Thus ended the strange campaign of Julian, who almost conquered the enemy capital, was never defeated in battle... but lost the war (as a dead man).



We will never know how things actually went, but following pure rational logic we can assume that Persia did not offer peace, that Julian turned back simply because Procopius was late in his march and wished to join him, together with the numerous Armenian provisions, and then resume the siege.

This hypothesis is also supported by the fact that Julian chose to continue on foot and to dismantle his river fleet, rather than to flee quickly using ships.


Article by Emanuele Rizzardi translated by Luca Sirgianni










Bibliography:

- Ammianus Marcellinus, Res gestae

- Libanius, Orations

- Zosimus, New History


A beautiful novel about Julian:



If you want to support me, here my book about Alexios Philantropenos:


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