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Immagine del redattoreEmanuele Rizzardi

La resistenza dei Romani ai Longobardi in Lombardia e Piemonte

Aggiornamento: 12 gen

In questo articolo andiamo ad analizzare i primi anni della resistenza romana alla grande invasione longobarda, concentrandoci sulle aree di Lombardia e Piemonte.


Le resistenze, non appena cadute le maggiori città, si concentrarono in tre aree principali: la riva destra del fiume Po con il Piemonte orientale/meridionale (compresa l'attuale Liguria), il Piemonte Occidentale e le aree del nord della Lombardia, in particolare il lago di Como.

Il periodo preso in considerazione è dal 566 fino al 600 circa... insomma, una resistenza durata più di trent'anni! Non poco!

L'invasione dei Longobardi spesso è carente di fonti, ma ci sono due scuole di pensiero a riguardo: quella che vede i Romani come impotenti e ben disposti ad accettare l'arrivo dei nuovi padroni, lasciandogli ampie parti di territorio, e quella che vuole i Romani impotenti, ma comunque decisi a tentare una forte resistenza. Ovviamente io sono per la seconda ipotesi e cercherò di mostrarvi il perchè:


La riva destra del Po e il Piemonte Meridionale:


Sulla base delle poche fonti che abbiamo, parlando di Piemonte, possiamo supporre quanto segue:


Tra il 568 e il 569 i Longobardi, che già avevano occupato il grosso dei territori della Lombardia, fatta eccezione per il Lario di Francione, si aprirono a ventaglio verso occidente, occupando in brevissimo tempo Novara, Ivrea, Torino e le principali città della zona, tanto che già nel 570 iniziavano a scontrarsi coi Franchi per la contesa delle zone alpine, in particolare dell'area di Demonte ( i Franchi avevano a loro volta invaso la Penisola nel nordovest, resisi conto della situazione). Nel 570 la maggior parte del territorio era quindi già caduto.

I romani, totalmente travolti e impreparati, riuscirono a riorganizzarsi in due territori separate dove resistettero per alcuni anni agli assalti dei barbari. Un territorio, di cui abbiamo pochissime informazioni e sul quale possiamo fare solamente qualche ipotesi, venne organizzato sfruttando una linea difensiva già esistente, di origine tardoantica, impostata sul fiume Po e sui fasci ad esso paralleli, attorno ad un distretto castrense chiamato Turris.

Durante questa fase i Romani poterono resistere relativamente a lungo e a riprova di questo abbiamo che quel distretto non fu incorporato immediatamente ai ducati longobardi esistenti, invece il primo signore locale viene nominato nel 589, mantenendo la denominazione romana di "Turres".

Non mi risulta che ci siano evidenze archeologiche rimaste su queste fortificazioni.

L'avanzata longobarda fu lenta a causa di dissidi interni sulla nomina dei duchi e del nuovo re, perchè la difesa romana non era di certo particolarmente meritevole e gli uomini a disposizione erano senza dubbio pochissimi.

Più a sud, la nuova forza espansiva dei Longobardi portò alla conquista della città di Alba attorno al 590, mentre le forze dei duchi colpivano la altre resistenze romane all'isola Comacina e nella fortezza di Brescello, in Emilia-Romagna.

Alba sembra essere stata luogo di una resistenza fiera, perchè abbiamo trovato i resti di alcune mura e fortificazioni del periodo, oltre che di insediamenti.


Dopo la caduta di Alba nell'estremo Occidente, vicino alle aree di azione dell'Esarca di Ravenna, resisteva ancora la città di Tortona, fino al 599.

Il fatto che il distretto di Turres fosse già caduto da tempo, ci fa ipotizzare che la linea di difesa sul fiume venne invasa e persa attorno al 588, ma alcune città ancora collegate ai territori dell'Esarcato seppero resistere a lungo, anche per la scarsa capacità di assedio dei Longobardi.


Nell'estremo sud del Piemonte si attestava la fortificazione nel distretto di Bredulum, attorno ad un corridoio ridotto sulle Alpi, con forse lo scopo di tenere i collegamenti tra la Linguria e le restanti fortezze piemontesi. Il distretto era facente capo alla fortezza di Peveragno.

Quella zona fu abbandonata poco dopo per un motivo poco chiaro, forse la pressione longobarda, una calamità naturale o ancora per un ordinato ritiro delle truppe romane e la creazione di una linea di difesa sulle montagne liguri. I nuovi padroni si insediarono immediatamente in città e nelle campagne, per questo è lecito supporre che non ci sia stata una "guerriglia" in queste ultime.

Anche l'assenza di reperti ci fa capire come la zona non sia stata sede di una resistenza numerosa.

Bredulum è stato forse l'ultimo caposaldo a cadere, attorno al 600.


Il Piemonte Occidentale e la Val di Susa:


Mentre già nel 570 veniva presa Torino e quasi tutto il Piemonte, si veniva a creare una sacca di resistenza nelle alpi, totalmente isolata e comandata dal magister militum Sisige (detto anche Sisinnio) che riuscì a tenere un territorio tutto sommato vasto, composto da alcune fortezze e villaggi montani incentrati attorno alla città di Susa e all’omonima valle, al tempo di dimensioni e importanza non trascurabili perché principale via di comunicazione fra l’Italia, e la Gallia e forse anche una parte della Liguria, benchè non sotto il suo diretto controllo. Possiamo speculare, almeno nei primi anni, un contatto con i Romani presenti a Bredulum.

Sisige era un capo goto che ai tempi del ritorno delle truppe imperiali, temendo di diventare facile preda dei Franchi, aveva giurato fedeltà all’imperatore, mantenendo il suo potere e aveva rinnovato il suo voto durante il primo assalto dei Longobardi.

Riuscì a mantenere il controllo di Susa almeno fino al 575, dopodichè non possiamo stabilire cosa sia successo con certezza. Gregorio di Tours dice che resistette per 25 anni prima di capitolare, Procopio che si salvò cambiando (ancora una volta), schieramento e accettando il dominio dei Franchi.

La Val di Susa divenne in effetti il confine tra il regno dei Longobardi e quello dei Franchi.


Purtroppo è difficilissimo ricreare visivamente quanto accaduto in Piemonte durante l'assalto longobardo. Ho cercato di elaborare una mappa con le poche informazioni che abbiamo.

Da notare che i confini dei territori romani sono, in massima parte, assolutamente approssimativi e non possiamo sapere, specialmente per le aree più grandi, quando sia stata rapida la loro contrazione.

Ogni luogo ha indicata la data della sua caduta.


Giallo: Liguria Romana

Verde: distretto di Turres, invaso probabilmente a partire dal 587 e caduto in massima parte tra il 588 e il 589. Quanto sia rimasto in mano Romana dopo il 589 non possiamo saperlo

Rosso: aree di resistenza isolata, in particolare il distretto di Bredulum, la città di Tortona (599), la città di Alba (590) e la Val di Susa (574-575)






Lombardia e zona dei Laghi:


Con l'arrivo dei Longobardi nella pianura Padana, le truppe imperiali si asserragliarono verso le poche zone difendibili, come le paludi di Ravenna, le coste o le isole, ma alcuni opposero resistenza, isolati e circondati, nella speranza di ricevere prima o poi un aiuto.

Cadute Milano (569) e Pavia (572) l'ultima resistenza si concentrò nell'isola Comacina e nella città di Crisopoli.


Francione, Magister Militum del Lario, uomo di età matura e di lingua ed origine greca, organizzò una piccola ma efficente exclave romana sul Lago di Como, con il supporto del clero e dell’aristocrazia locale, che fuggirono nei suoi territori portandovi molte ricchezze. Al momento del loro apogeo, i romani controllavano Como, Lecco, la Valle d’Intelvi, la Val Chiavenna e, nominalmente, la Valtellina.

Nel 588, dopo vent’anni di resistenza accanita e la perdita delle principali piazzeforti, Francione ingaggia l’ultima battaglia conto i Longobardi, contando sul supporto dell’esarca di Ravenna. Purtroppo la vittoria arrise ai germani, che assediarono l’Isola Comacina e, dopo sei mesi, concordarono una resa con i suoi occupanti.

Il magister, la moglie e il suo seguito poterono riparare a Ravenna, mentre i Longobardi prendevano possesso delle terre e del tesoro.


Non è facile stabilire se Francione abbia mantenuto il suo "regno" fino alla fine, godendo di una certa estensione, oppure se abbia perso quasi tutti i territori in pochi anni e si sia ridotto a pochi lembi di terra sul lago. Per quanto possiamo supporre, l'area di Varese e della Svizzera italiana, come la parte meridionale della provincia di Lecco, se mai siano state gestite da Francione, furono di certo perse in poco tempo a vantaggio del duca longobardo del Seprio, mentre le difese orientali passarono sotto il controllo del duca di Bergamo, in massima parte.

Il Comasco e parte della Provincia di Lecco, invece, di certo resistettero più a lungo attorno alle fortezze di Castelmarte, il castello di Pontegnana ,Castel Baradello e la stessa Lecco, al tempo fortezza con il nome di Castron Leuci.

è attestata l'esistenza di un "limes bizantino" nominato anche dai contemporanei, ossia una serie di fortezze e capisaldi di origine tardoantica che potremmo tracciare con altri fortilizi minori quali: Monte Barro, Castel di Brianza e Montofano.


Disegnare una mappa è quasi impossibile, ma possiamo provarci:


In rosso, le terre sicuramente soggette al governo di Francione, sostanzialmente le aree toccate dal Lario: il comasco, la zona di Lecco e quella di Erba. Castelmarte, Castel Baradello, Erba, Lecco, Como, Crisopoli, l'isola Comacina e il monastero di Piona erano, senza alcun dubbio, di sua competenza.

In giallo, le aree in qualche modo legate a Francione da alleanza, rapporti di amicizia o dallo status ambiguo: la Valtellina in particolare, parti del territorio compreso fra Lugano e Como, oltre ad aree periferiche nelle Orobie.

In viola, il territorio, nella stima più generosa possibile, che possa aver fatto parte del territorio, almeno iniziale, di Francione.


Articolo di Emanuele Rizzardi


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Bibliografia:

-Bizantini e Longobardi in territorio dell'odierno Piemonte : temi e problemi, Pavoni, Romeo Accademia Urbense, 2016

- Le Italie bizantine. Territorio, insediamenti ed economia nella provincia bizantina d’Italia (VI-VIII secolo) Zanini. E. 1998

-Paolo Diacono, Storia dei Longobardi


Articolo di Emanuele Rizzardi


The resistance of the Romans to the Lombards in Lombardy and Piedmont


In this article we analyze the first years of the Roman resistance to the great Lombard invasion, focusing on the areas of Lombardy and Piedmont. The resistance, as soon as the major cities fell, were concentrated in three main areas: the right bank of the river Po ' and eastern / southern Piedmont (including present-day Liguria), West Piedmont and the areas of northern Lombardy, in particular Lake of Como.

The period taken into consideration is from 566 to about 600 ... in short, a resistance that lasted more than thirty years! Not a little! The invasion of the Lombards is often lacking in sources, but there are two schools of thought about it: the one that sees the Romans as powerless and willing to accept the arrival of the new masters, leaving them large parts of the territory, and the one that wants the Romans impotent, but still determined to try a strong resistance. Obviously I am for the second hypothesis and I will try to show you why:


The right bank of the Po 'and Southern Piedmont:


Based on the few sources we have, speaking of Piedmont, we can assume the following: Between 568 and 569 the Lombards, who had already occupied most of the territories of Lombardy, with the exception of the Lario di Francio, fanned out to the west, occupying in a very short time Novara, Ivrea, Turin and the main cities in the area. , so much so that already in 570 they began to clash with the Franks for the dispute over the alpine areas, in particular the Demonte area (the Franks had in turn invaded the Peninsula in the northwest, realizing the situation). In 570 most of the territory had therefore already fallen.

The Romans, totally overwhelmed and unprepared, managed to reorganize themselves into two separate territories where they resisted the attacks of the barbarians for a few years. A territory, of which we have very little information and on which we can only make a few hypotheses, was organized by exploiting an already existing defensive line, of late antique origin, set on the Po river and on the bundles parallel to it, around a Castrense district called Turris. During this phase the Romans were able to resist for a relatively long time and as proof of this we have that the district was not immediately incorporated into the existing Lombard duchies, instead the first local lord was appointed in 589, keeping the Roman name of "Turres". I am not aware that there is any archaeological evidence left on these fortifications. The Lombard advance was slow due to internal disagreements over the appointment of the dukes and the new king, because the Roman defense was certainly not particularly deserving and the men available were undoubtedly very few. Further south, the new expansive force of the Lombards led to the conquest of the city of Alba around 590, while the forces of the dukes struck the other Roman resistances on the Comacina island and in the fortress of Brescello, in Emilia-Romagna. Alba seems to have been the site of a fierce resistance, because we have found the remains of some walls and fortifications of the period, as well as of settlements.


After the fall of Alba in the far West, near the areas of action of the Exarch of Ravenna, the city of Tortona still resisted, until 599. The fact that the district of Turres had already fallen for some time, leads us to hypothesize that the defense line on the river was invaded and lost around 588, but some cities still connected to the territories of the Exarchate managed to resist for a long time, also due to the scarce siege ability of the Lombards. In the extreme south of Piedmont there was a fortification in the Bredulum district, around a reduced corridor on the Alps, with perhaps the purpose of keeping the connections between Linguria and the remaining Piedmontese fortresses. The district was headed by the fortress of Peveragno. That area was abandoned shortly after for an unclear reason, perhaps Lombard pressure, a natural disaster or even for an orderly withdrawal of the Roman troops and the creation of a defense line in the Ligurian mountains. The new masters immediately settled in the city and in the countryside, for this reason it is reasonable to assume that there was no "guerrilla" in the latter. Even the absence of finds makes us understand that the area was not the site of a large resistance. Bredulum was perhaps the last stronghold to fall, around 600.


Western Piedmont and Val di Susa:


While Turin and almost all of Piedmont were already taken in 570, a pocket of resistance was being created in the Alps, totally isolated and commanded by the magister militum Sisige (also known as Sisinnio) who managed to keep an altogether vast territory, composed of some fortresses and mountain villages centered around the city of Susa and the homonymous valley, at the time of considerable size and importance because it was the main communication route between Italy, and Gaul and perhaps also a part of Liguria, although not under its direct control. We can speculate, at least in the early years, a contact with the Romans present in Bredulum. Sisige was a Goth leader who at the time of the return of the imperial troops, fearing to become easy prey of the Franks, had sworn allegiance to the emperor, maintaining his power and had renewed his vote during the first assault of the Lombards. He managed to keep control of Susa at least until 575, after which we cannot establish what happened with certainty. Gregory of Tours says that he resisted for 25 years before capitulating, Procopius who saved himself by changing (once again), taking sides and accepting the dominion of the Franks. The Val di Susa actually became the border between the kingdom of the Lombards and that of the Franks. Unfortunately, it is very difficult to visually recreate what happened in Piedmont during the Lombard assault. I have tried to develop a map with the little information we have. It should be noted that the borders of the Roman territories are, for the most part, absolutely approximate and we cannot know, especially for the larger areas, when their contraction was rapid. Each place has indicated the date of its fall.


Yellow: Liguria Romana

Green: district of Turres, probably invaded starting from 587 and mostly fallen between 588 and 589. How much remained in Roman hands after 589 we cannot know.

Red: areas of isolated resistance, in particular the district of Berdulum, the city of Tortona (599), the city of Alba (590) and the Val di Susa (574-575)



Lombardy and the Lakes area:


With the arrival of the Lombards in the Po Valley, the imperial troops barricaded themselves towards the few defensible areas, such as the marshes of Ravenna, the coasts or the islands, but some resisted, isolated and surrounded, in the hope of receiving sooner or later a Help. Fall of Milan (569) and Pavia (572) the last resistance was concentrated in the Comacina island and in the city of Crisopoli. Francio, Magister Militum del Lario, a man of mature age and of Greek language and origin, organized a small but efficient Roman exclave on Lake Como, with the support of the local clergy and aristocracy, who fled to his territories bringing you many riches. At the time of their apogee, the Romans controlled Como, Lecco, the Intelvi Valley, the Chiavenna Valley and, nominally, the Valtellina. In 588, after twenty years of relentless resistance and the loss of the main strongholds, Francio waged the last battle against the Lombards, counting on the support of the exarch of Ravenna. Unfortunately, the victory smiled on the Germans, who besieged the Comacina Island and, after six months, agreed to surrender with its occupants. The magister, his wife and his entourage were able to repair in Ravenna, while the Lombards took possession of the lands and the treasury.


It is not easy to establish whether Francio maintained his "kingdom" to the end, enjoying a certain extension, or whether he lost almost all the territories in a few years and was reduced to a few strips of land on the lake. As far as we can suppose, the area of ​​Varese and of Italian Switzerland, like the southern part of the province of Lecco, if ever managed by Francio, were certainly lost in a short time to the advantage of the Lombard duke of Seprio, while the defenses eastern parts passed under the control of the Duke of Bergamo, for the most part. The Comasco and part of the Province of Lecco, on the other hand, certainly resisted longer around the fortresses of Castelmarte, the castle of Pontegnana, Castel Baradello and Lecco itself, at the time a fortress with the name of Castron Leuci. the existence of a "Byzantine limes" also mentioned by contemporaries is attested, that is a series of fortresses and strongholds of late antique origin that we could trace with other minor forts such as: Monte Barro, Castel di Brianza and Montofano.





To draw a map is almost impossible, but we can try:

In red, the lands certainly subject to the government of Francio, substantially the areas touched by the Lario: the Como area, the Lecco area and that of Erba. Castelmarte, Castel Baradello, Erba, Lecco, Como, Crisopoli, the Comacina island and the monastery of Piona were, without any doubt, his responsibility.

In yellow, the areas somehow linked to Francio by alliance, friendship or by an ambiguous status: Valtellina in particular, parts of the territory between Lugano and Como, as well as peripheral areas in the Orobie.

In purple, the territory, in the most generous estimate possible, which may have been part of the territory, at least initially, of Francio.


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https://assobyzantion.wixsite.com/assobyzantion


Article by di Emanuele Rizzardi

Books for reference:

-Bizantini e Longobardi in territorio dell'odierno Piemonte : temi e problemi, Pavoni, Romeo Accademia Urbense, 2016

- Le Italie bizantine. Territorio, insediamenti ed economia nella provincia bizantina d’Italia (VI-VIII secolo) Zanini. E. 1998

-Paolo Diacono, Storia dei Longobardi


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