L'Associazione culturale Byzantion ha il piacere di ospitare il prof. Nicola Bergamo, che ci parlerà di “Irene, imperatore di Bisanzio”, uno dei suoi saggi storici.
Come prima cosa, raccontaci un po’ di te e di cosa ti occupi!
Mi sono laureato in Storia presso l’Università di Venezia con il professor Ravegnani, con una tesi sull’esercito esarcale in Italia. Sono stato accolto poi a Belfast, dove ho completato i miei studi presso la Queen’s University Belfast con un lavoro sugli Eunuchi in Italia. Sono stato junior fellow alla Notre Dame, dove ho scritto il libro sui Longobardi (Leg 2012), e visiting fellow presso la Fordham University (2014). Causa pandemia, non ho ancora concluso il dottorato presso l’EHESS di Parigi, dove discuterò una tesi sul “gioco a Bisanzio”.
Se dovessi scegliere un periodo preferito direi quello “iconoclasta”, specie quello dell’ottavo secolo. Adoro l’alto medioevo e lo considero un momento di grande cambiamento che mi affascina terribilmente.
Perché hai deciso di pubblicare un saggio proprio su Irene? Che cosa possiamo trovare al suo interno?
Ho scritto un libro su Irene perché è una figura intrigante. Idolatrata da Charles Diehl e da molte femministe attuali, ha invece dei lati oscuri e nella sua vita gli insuccessi sono decisamente maggiori dei successi. Irene divenne “Imperatore” e non Imperatrice, alla faccia del politicamente corretto, a discapito del figlio che fu abbacinato per suo ordine. È anche divertente pensare che una donna che si eresse come uomo a comandare l’Impero cristiano più grande dell’epoca, morì dimenticata nell’isola di Lesbo.
Irene era figlia del suo tempo, ma fu sempre una parvenu e per questo bramò il potere con tutta la sua forza. Non ebbe freni e la sua ambizione fu esasperata, eppure divenne Santa per aver riportato nell’Impero dei Romani l’Ortodossia e le immagini sacre. Alle volte il destino è davvero strano.
Il mio libro è scritto seguendo la storia dell’epoca, e la mia narrazione è scevra da commenti e o da giudizi moderni verso una società ormai estinta. Ho cercato di estraniarmi da questi avvenimenti, riportando il più possibili solo le fonti primarie. I gender studies non fanno parte del mio background culturale.
Cosa possiamo dire della donna bizantina al tempo di Irene?
La donna bizantina dell’epoca non è molto diversa da quella dell’Europa mediterranea di un secolo fa. Di certo non era totalmente succube del marito, come al tempo di Roma, visto che la legislazione di Leone III e Costantino V, aveva mitigato molto la figura del “pater familias”. Irene però era una aristocratica, sebbene di provincia, e riuscì ad ottenere una base scolastica abbastanza importante sebbene non fosse parificata a quella dell’uomo. Si era soliti divertirsi in maniera diversa. Ad esempio era normalità che le donne si recassero alle terme di mattina presto, per evitare di condividere il bagno con gli uomini che giungevano successivamente. Dovevano svolgere i lavori di casa, saper cucire e cucinare, e ovviamente essere donne feconde. Senza una famiglia, la donna non avrebbe svolto correttamente il ruolo che all’epoca ci si aspettava da lei. Lo dico senza alcun riferimento politico attuale, visto che nel mondo dei Romani d’Oriente molto donne ebbero una discreta fortuna, come nel caso di Anna Comnena, figlia di Alessio, Imperatore, che scrisse un libro a lui dedicato intitolato “Alessiade”. Molte poi sono le donne sante, molte le governatrici di comunità religiose a carattere monacale. Si può affermare che tutto dipendeva dallo status sociale della donna, la cosa, come ho detto all’inizio, non è molto dissimile a quello che vivevano i nostri trisavoli.
In un mondo di femminismo, perché Irene è “imperatore” e non “imperatrice”?
Imperatore perché quello è il titolo ufficiale. Irene non brama essere qualcosa di diverso se non il capo di tutti i Romani. Normalmente il ruolo di imperatrice era legato alla donna che sposava il sovrano e non aveva quasi importanza se non in rarissimi casi (vedi Teodora). Irene, quindi, elimina scientemente ogni possibile ostacolo che le si pone di fronte e va dritta al suo obiettivo finale: il trono. Ella non lo vuole condividere con nessuno, lo brama per sé e non sarà felice finché non raggiungerà questo obiettivo. Paradossalmente, una volta giunta al traguardo perderà gran parte del suo mordente tanto da decadere qualche anno dopo.
Cosa possiamo apprendere, noi moderni, dalla storia di Irene? Perché è così eccezionale?
Irene è un personaggio affascinante ma non eccezionale. La sua peculiarità è quella di essere la prima donna a governare l’Impero Romano, ma per farlo deve camminare su di un terreno impervio, che lei poco conosce, ed irto di ostacoli. La politica non è decisamente nelle sue corde, lei preferisce delegare molto, lo fa verso persone molto fidate e queste ottengono anche discreti risultati. Nulla di trascendentale, ma utile per preservare parzialmente il potere. Di certo possiamo apprendere da Irene la voglia e l’ambizione di arrivare a degli obiettivi che la vita ti può proporre. Non dimentichiamo che lei non vuole essere Imperatore, sarà costretta a fare delle scelte perché il marito, Leone IV, muore in giovane età lasciandola vedova con l’erede al trono maschio ancora molto piccolo. Irene preserva prima il potere per suo figlio poi assaggia il “frutto del peccato” e non riesce a smettere di degustarlo.
Irene è anche donna molto devota. Divenne Santa perché riuscì ad eliminare l’iconoclastia dall’Impero Romano, almeno durante il suo regno. Si dedicò anima e corpo a questo progetto, ancora quando era reggente per il figlio Costantino VI.
È stato più anomalo vedere come imperatore Irene, Carlo o Niceforo il Logoteta?
Secondo me è anomalo vedere Imperatore un re barbarico come Carlo. Lui aveva grandissime doti, ma non poteva arrogare a sé quel titolo. La discussione con Costantinopoli è formalissima. I Romani accolgono di chiamarlo Imperatore ma non Imperatore dei Romani. Quest’ultima titolatura è prerogativa di chi siede sul trono di Costantinopoli. Come vi è un solo Dio, un solo Gesù Cristo, vi è un solo Imperatore. Questa è la mistica degli eredi di Roma che vivono nel Bosforo.
Se Costantino si fosse comportato diversamente, avrebbe potuto ottenere il trono dalla madre?
Costantino, come scrivo nel mio libro, vive in un rapporto simbiotico con la madre. Entrambi non possono fare a meno l’uno dell’altra. Di certo il figlio di Leone non dimostrò mai il suo vero valore, e quando gli permisero di farlo, fallì miseramente. L’unico vero screzio tra i due fu per la scelta della futura moglie. Ecco, penso che se Costantino avesse usato quella forza contro sua madre anche in altri ambiti, avremmo visto un Imperatore diverso, di certo più capace di quello visto nella storia.
Progetti per il futuro?
Sto scrivendo un nuovo libro sui Bizantini in Italia. Avrà però un taglio più sociale e meno militare, seguendo un po’ quello che è la mia formazione arguita dalla scuola de Les Annales a Parigi. Sto anche facendo grossi cambiamenti sulla rivista Porphyra, da me fondata nel 2003 e diretta dal 2012. Ci saranno belle novità.
Ti ringraziamo per essere stata con noi e speriamo di leggerti ancora sul nostro blog!
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