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Immagine del redattoreEmanuele Rizzardi

IL CODEX DI TRENTO: UN LIBRO DA SCOPRIRE.

Oggi parliamo di un libro di grande interesse, suppur sconosciuto, che ci trasporterà nel mondo Romano e in quello di Goti.


Ho avuto la fortuna di sfogliare un libro antico e quasi unico nel suo genere. Un libro oggi, per molti, è un oggetto scontato e di facile reperibilità. Nell’antichità i libri venivano scritti a mano su pergamena, papiro, ecc. utilizzando inchiostri comuni o preziosi, dipendeva dalla sua destinazione. La stesura veniva effettuata da scribi o amanuensi e ben pochi potevano permetterseli.

L’ubicazione di questo libro l’ho scoperta per caso, leggendo un saggio su un altro testo antico. Per me è stata una piacevole sorpresa saperlo presente nella mia città, Trento. Il volume, infatti, è custodito all’interno del Castello del Buonconsiglio ed è uno dei più rari al mondo: un evangelario purpureo risalente al 490 – 505 d.C. Per gli amanti della carta stampata è un tesoro di storia e di cultura; per il credente un modo d’avvicinarsi al Cristianesimo degli inizi. La biblioteca del castello lo custodisce sin dal 1761, e forse anche da prima, quando ne diede notizia padre Benedetto Bonelli.

Il volume è composto da 228 pagine (sulle 296 originali) di pregiata pergamena finissima, tutte di color rosso vinaccia: la porpora imperiale. È un vero miracolo che sia sopravvissuto sino ai giorni nostri. Prima del restauro del 1920, infatti, versava in condizioni pietose: lacerato, raggrinzito e accartocciato; mancava di qualsiasi rilegatura ed era danneggiato dall’uso e dagli ambienti umidi in cui era stato posto. Nello sfogliarlo ci si accorge delle pagine mancanti, cancellate dal tempo o da qualche intervento poco accorto, come nel foglio 28 e in altri. Il restauro, eseguito in modo magistrale dagli artigiani del Vaticano, ha consentito lo spianamento delle pagine e la reintegrazione dei margini con parti bianche che contornano la pergamena originale. Rilegato con una robusta copertina di legno chiaro e pelle, giace, incurante del tempo che scorre, in una stanza a temperatura regolata e posto in una custodia cartonata.

L’origine è di epoca ostrogota. Potrebbe essere stato stampato a Ravenna, per via dell’utilizzo della pergamena purpurea. Qualcuno ha suggerito lo scriptorium di Bobbio, Piacenza, mentre altri indicano un generico meridione d’Italia. Alcuni studiosi hanno individuato nel Nord Africa il probabile luogo d’origine, per via di alcune somiglianze con gli antichi codici provenienti da quella zona. Comunque sia, le sue notizie si perdono in quel caos che era divenuta l’Italia a seguito della guerra gotico-bizantina. Da allora sino al Settecento non ho trovato sue notizie. Nel 1762 viene inviata una copia a Roma, redatta dal Bonelli, per degli studi sul testo. Nel 1771 un foglio viene staccato e donato dal vescovo di Trento a quello della città di Derry, Irlanda, Frederick Harvey che lo donò a sua volta ad un vescovo inglese. Dal 1921 è conservato presso il prestigioso British Museum di Londra. Nello stesso periodo un secondo foglio venne inviato a un altro vescovo Irlandese e tutt’ora è conservato al Trinity College di Dublino. Altre mutilazioni vennero inflitte alla fine del secolo XVIII; Dal 1806 sino agli accordi di pace del 1919, che lo designarono di proprietà italiana, è stato conservato nella Biblioteca Palatina di Vienna.

La scrittura latina, di tipo onciale “vecchio stile” a caratteri grandi su doppia colonna, è del colore dell’argento antico, mentre gli inizi di ogni vangelo sono d’inchiostro dorato. Dove il testo è rimasto intatto, si può ammirare l’opera dell’amanuense che redige il testo con grafia chiara. Ogni tanto ci si imbatte in correzioni o aggiunte tra una riga e l’altra, come “in unum” nel foglio 19. Nel margine superiore si trova il titolo del vangelo corrente, ad esempio Secundum Lucam. I vangeli sono messi nel seguente ordine: Matteo, Giovanni, Luca e Marco a separarli una pagina che indica la conclusione e l’inizio della testimonianza: Explicit e Implicit.

Il libro è conosciuto nell’ambiente storiografico come Codex Palatinum ed è uno dei pochi purpurei presenti in Italia quasi integro. Altri esempi si trovano a Napoli e a Brescia. Il più raro al mondo si trova a Uppsala ed è in gotico, viene chiamato Codex Argenteus: la ricerca sul creatore dell’alfabeto gotico mi ha condotto alla scoperta del codice di Trento.

Proviene da un’epoca ritenuta di decadenza, cosa non affatto vera. Anzi, rispetto all’ultimo Impero Romano, si può ben affermare che, con Odoacre prima e Teodorico poi, l’Italia ebbe una certa prosperità, poi distrutta dalla guerra scatenata da Giustiniano. Le migrazioni barbariche e il Cristianesimo, infatti, avevano sovvertito il mondo antico dando avvio, di fatto, a una nuova Europa. Gli Ostrogoti erano dei Cristiani Ariani, contrapposti ai Cattolici, ma ciò non impedì loro di trovare un modo per convivere assieme.

L’università di Uppsala ha dato rilievo al codice in suo possesso, esponendolo al pubblico in un ambiente controllato e costruendovi attorno una sala apposita e un sito internet interessante.

Penso che il nostro libro debba avere la stessa opportunità di essere portato a conoscenza della cittadinanza, anche per un breve periodo, magari con una manifestazione/convegno sul tema e sull’epoca, con riflessioni sull’attualità della carta stampata, sul suo futuro, ecc. Oppure, che degli studiosi approfondiscano lo studio sul testo, rendendolo pubblico. I cittadini, ignari della sua presenza e dell’importanza del codice trentino, potrebbero così scoprire qualcosa che viene da un passato remoto. La storia non finisce mai di stupire e insegnare. Questo libro potrebbe arricchire la nostra comunità, sia dal punto di vista culturale, storico e, non ultimo, spirituale. Per ulteriori approfondimenti: https://manus.iccu.sbn.it/opac_SchedaScheda.php?ID=256795&fbclid=IwAR2SrWTUKQ0HW5XvH3F39st1IhR68RtbrE2HywxotvFree8WVDg8EKRqU7k Articolo a cura di Nicola Messina

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