Dall'antica Grecia all'Impero asburgico.
La distinzione fra lingua e dialetto, nella Cultura occidentale, risale alla Grecia antica, dove però diálektos indicava la lingua locale della Città-Stato (per esempio l’attico ad Atene, il laconico a Sparta, il beotico a Tebe), mentre con koiné diálektos (che noi traduciamo con ‘lingua comune’) si intendeva una varietà di ionico-attico impiegato nella Lega Navale ateniese come varietà di comunicazione interregionale e si è poi diffusa nel resto della Grecia, in Anatolia e in tutto il Levante, fino all’Egitto, durante l’Ellenismo.
Fin qui tutte le lingue erano considerate diálektoi e una di queste era ‘comune’.
A Roma, la distinzione era fra varietà sociali della lingua (sermones), in particolare urbana (delle città), volgare e rustica (della campagna).
Quella urbana è il latino classico, rimasto abbastanza immutato fino a oggi come latino di cultura (nel Medioevo e nella prima Età Moderna latino ecclesiastico); quella rustica è ogni lingua che noi chiamiamo dialetto, mentre quella volgare è quella di comunicazione interregionale.
Da ogni varietà rustica sono nati i cosiddetti dialetti (chiamati così a partire dal Rinascimento fiorentino);
dal volgare, invece, come è noto, è nato l’italiano (da notare che anche deutsch significa ‘volgare, popolare’ e nel Medioevo il suo corrispondente anglosassone – theodisc – designava l’inglese, tutti in contrapposizione al latino [ecclesiastico], che era la lingua cólta, non volgare, non popolare).
Nell’uso... ‘volgare’ (popolare), la distinzione è rimasta così: quella urbana e quella volgare sono lingue, quelle rustiche sono dialetti (il termine è stato appunto ripescato dal greco nel Rinascimento, ma in greco antico denotava le lingue locali anche e – di fatto – soprattutto urbane, mentre dal Rinascimento le lingue locali solo rustiche).
In Linguistica, invece, la distinzione si è precisata e arricchita. La lingua urbana e quella volgare sono chiamate acroletti (‘lingue alte’; il volgare, eventualmente, mesoletto ‘lingua media’), quelle rustiche basiletti (invece di dialetti); dialetto si usa invece come nozione relativa, simile a fratello: tutti siamo uomini (e, similmente, tutte le lingue sono lingue), ma solo alcuni di noi sono fratelli (quindi non figli unici) e così solo alcune lingue sono dialetti (ossia hanno dei fratelli, dialetti della stessa lingua).
Quindi come distinguiamo una lingua da un dialetto?
Ci sono due modi per riconoscere che due o più lingue sono dialetti della stessa lingua. Il primo e più diretto è quando entrambe possono essere capite spontaneamente a vicenda da monolingui (per esempio: uno che parla solo il basiletto di Legnano può capire spontaneamente uno che parla solo il basiletto di Cesate, perciò il legnanese e il cesatese sono dialetti della stessa lingua). Il secondo modo, più utile nella classificazione, è che due lingue sono dialetti della stessa lingua anche se non sono immediatamente comprensibili a vicenda, purché fra le due esista una catena ininterrotta di varietà che di volta in volta sono spontaneamente intercomprensibili con almeno due di quelle vicine (per esempio: il fiorentino è perfettamente intercomprensibile col pistoiese, questo col lucchese, quest’ultimo col massese, che a sua volta lo è abbastanza col carrarino, che lo è col lunigianese, a sua volta intercomprensibile con lo spezzino, che lo è col cinqueterrino e questo col genovese, il genovese col ventimiglioso, questo col nizzardo, che lo è col provenzale, che a sua volta lo è con l’occitanico e questo col catalano, il catalano col valenziano, il valenziano col castigliano e il castigliano con l’extremeño, questo col mirandese e il mirandese col portoghese, per cui il fiorentino e il portoghese sono dialetti della stessa lingua, anche se da soli non sono reciprocamente comprensibili); non ci interessa infatti tanto se due lingue a caso si comprendono fra loro o no, ma se c’è continuità di comprensione sul territorio, anche se gli estremi non si capiscono immediatamente fra loro.
Dunque, in Linguistica, tutti gli idiomi sono lingue, ma solo alcuni idionimi sono – fra loro – dialetti della stessa lingua; invece, quelli che comunemente (‘volgarmente’) vengono chiamati dialetti si chiamano, in Linguistica, basiletti. A questo punto si crea il cortocircuito che hai rilevato. Il cimbro è un basiletto, così come il legnanese; tuttavia, il cimbro e il fiorentino (quindi l’italiano) non sono dialetti della stessa lingua, mentre il legnanese e il fiorentino sì. Per questo motivo, il cimbro non è un dialetto dell(a stessa lingua con l)’italiano, il legnanese sì. Perché proprio il fiorentino? Perché una sua varietà è diventata il volgare – l’acroletto – del Regno d’Italia prima e dello Stato Italiano attuale. Siccome l’italiano era acroletto anche nel Lombardo-Veneto (accanto al tedesco) e prima ancora nella Repubblica di Venezia (accanto al veneziano), il cimbro non era dialetto della stessa lingua con l’italiano neanche nel Lombardo-Veneto né nella Repubblica di Venezia.
Supponiamo però che nel Trecento gli Asburgo si insignorissero anche di Vicenza (oltre che, come storicamente avvenuto, di Pordenone, Belluno, Feltre, Treviso e Padova) e che – magari anche grazie a ciò – conservassero tali dominî come proprî anche nei secoli seguenti. In tal caso, le varietà romanze del Veneto non sarebbero dialetti della stessa lingua dell’austro-bavarese, mentre il cimbro sì: di conseguenza, il cimbro sarebbe considerato un dialetto (del tedesco), mentre il vicentino – pur anch’esso altrettanto basiletto – non lo sarebbe.
Per riassumere: il cimbro è un dialetto del tedesco, il vicentino è un dialetto del veneto e quindi del neolatino reto-cisalpino (più in generale, lo è del neolatino). Entrambi sono non solo basiletti, ma anche dialetti della stessa lingua con un’altra varietà, che è lingua ufficiale di qualche Stato. La Linguistica si ferma qui, l’opinione comune fa un passo in più: considera in particolare la lingua ufficiale dello Stato in cui il basiletto in esame è parlato e di conseguenza classifica come dialetto il basiletto che è un dialetto della stessa lingua con l’acroletto ufficiale dello Stato cui il territorio del basiletto in esame appartiene.
Facciamo una verifica: in Svizzera, gli acroletti sono quattro e tutti i basiletti sono dialetti della stessa lingua con almeno un acroletto ufficiale, quindi in Svizzera tutti i basiletti sono considerati dialetti (detti idiomi, che però corrisponde al significato dell’italiano vernacolo). Non sono considerati dialetti gli acroletti che in origine sono nativi di zone fuori dalla Svizzera (il tedesco, che è sì nato nel Sacro Romano Impero quando anche la futura Svizzera ne faceva ancora parte, ma non è nato precisamente in territorio poi diventato svizzero; il francese, che è il neolatino di Parigi; l’italiano, che è il neolatino di Firenze) oppure costruiti a tavolino (come il rumantsch grischun, che non è una lingua parlata nativamente da nessuno, ma piuttosto un compromesso fra cinque varietà ladine), mentre per esempio il sopraselvano (sursilvan) o l’engadinese (ladin), che sono di fatto lingue ufficiali (erano acroletti fino all’introduzione del rumatsch grischun e in pratica lo sono ancora oggi) sono acroletti ma anche considerati dialetti (dialetti ufficiali, per così dire).
Articolo di Emanuele Rizzardi e Guido Borghi Iscriviti ad Assobyz e unisciti al nostro gruppo:
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English version:
Is there a difference between a language and a dialect? A historical analysis
(dialects are in original language)
From Ancient Greece to the Habsburg Empire.
The distinction between language and dialect in Western culture goes back to ancient Greece, where diálektos meant the local language of the city-state (e.g. Attic in Athens, Laconic in Sparta, Beotic in Thebes), while the koiné diálektos (which we translate as 'common language') meant a variety of Ionic-Attic employed in the Athenian Naval League as a variety of interregional communication and then spread to the rest of Greece, Anatolia and throughout the Levant, as far as Egypt, during Hellenism.
So far, all languages were considered diálektoi and one of them was 'common'.
In Rome, the distinction was between social varieties of language (sermones), particularly urban (of the cities), vulgar and rustic (of the countryside).
Urban Latin is classical Latin, which has remained fairly unchanged to this day as the Latin of culture (in the Middle Ages and early Modern Age ecclesiastical Latin); rustic Latin is any language we call a dialect, while vulgar Latin is the language of interregional communication.
From each rustic variety came the so-called dialects (so called since the Florentine Renaissance);
From the vernacular, on the other hand, as is well known, came Italian (note that deutsch also means 'vulgar, popular' and in the Middle Ages its Anglo-Saxon counterpart - theodisc - designated English, all in contrast to [ecclesiastical] Latin, which was the cólta, non-vulgar, non-popular language).
In usage. 'vulgar' (popular), the distinction has remained as follows: urban and vernacular are languages, rustic languages are dialects (the term was in fact fished out of Greek in the Renaissance, but in ancient Greek it denoted local languages also and - in fact - mainly urban, whereas since the Renaissance local languages have been rustic only).
In Linguistics, however, the distinction has become more precise and enriched. The urban and vulgar languages are called acrolects ('high languages'; the vulgar, possibly, mesolect 'medium language'), the rustic ones basilects (instead of dialects); dialect is instead used as a relative notion, similar to brother: we are all men (and, similarly, all languages are languages), but only some of us are brothers (therefore not unique children) and so only some languages are dialects (i.e. have brothers, dialects of the same language).
So how do we distinguish a language from a dialect?
here are two possible ways to recognise that two or more languages are dialects of the same language. The first and more direct way is when both can be spontaneously understood by monolinguals (for example: someone who speaks only Legnano basiletto can spontaneously understand someone who speaks only Cesate basiletto, so Legnano and Cesate are dialects of the same language). The second way, more useful in the classification, is that two languages are dialects of the same language even if they are not immediately mutually intelligible, provided that between the two there exists an unbroken chain of varieties that from time to time are spontaneously intercomprehensible with at least two of the neighbouring ones (e.g: Florentine is perfectly intelligible with Pistoiese, this with Lucca, the latter with Massese, which in turn is quite intelligible with Carrara, which is intelligible with Lunigiana, which in turn is intelligible with Spezzino, which is intelligible with cinqueterrino, and this with Genoese, Genoese with Ventimiglia, this with Nice, which is intelligible with Provençal, which in turn is with Occitan, and this with Catalan, Catalan with Valencian, Valencian with Castilian and Castilian with Extremeño, this with Mirandese and Mirandese with Portuguese, so that Florentine and Portuguese are dialects of the same language, even if by themselves they are not mutually intelligible); in fact, we are not interested so much in whether two random languages understand each other or not, but in whether there is continuity of understanding across the territory, even if the extremes do not immediately understand each other.
Thus, in Linguistics, all idioms are languages, but only some idionyms are - among themselves - dialects of the same language; instead, what are commonly ('vulgarly') called dialects are called, in Linguistics, basilects. At this point, the short-circuit you have pointed out is created. Cimbrian is a basiletto, as is Legnanese; however, Cimbrian and Florentine (hence Italian) are not dialects of the same language, whereas Legnanese and Florentine are. For this reason, Cimbrian is not a dialect of the same language as Italian, whereas Legnanese is. Why Florentine? Because one of its varieties became the vernacular - the acrolect - of the Kingdom of Italy first and of the Italian State today. Since Italian was also acrolect in Lombardy-Venetia (next to German) and before that in the Republic of Venice (next to Venetian), Cimbrian was not a dialect of the same language as Italian either in Lombardy-Venetia or in the Republic of Venice.
Let us suppose, however, that in the fourteenth century the Habsburgs also took Vicenza (as well as, as historically happened, Pordenone, Belluno, Feltre, Treviso and Padua) and that - perhaps also thanks to this - they kept these dominions as their own even in the following centuries. In such a case, the Romance varieties of Veneto would not be dialects of the same language as Austro-Bavarian, while Cimbrian would be: consequently, Cimbrian would be considered a dialect (of German), while Vicentino - although also a basilect - would not be.
To sum up: Cimbrian is a dialect of German, Vicentine is a dialect of Veneto and therefore of the neo-Latin Reto-Cisalpine (more generally, it is a dialect of neo-Latin). Both are not only basilects, but also dialects of the same language with another variety, which is the official language of some state. Linguistics stops here, common opinion goes a step further: it considers in particular the official language of the state in which the basilect under consideration is spoken and consequently classifies as a dialect the basilect that is a dialect of the same language with the official acronym of the state to which the territory of the basilect under consideration belongs.
Let's check this: in Switzerland, there are four acrolects and all basilects are dialects of the same language with at least one official acrolect, so in Switzerland all basilects are considered dialects (called idioms, which corresponds to the meaning of vernacular Italian). Acrolects that originally originated in areas outside Switzerland are not considered dialects (German, which was born in the Holy Roman Empire when the future Switzerland was still part of it, but was not born precisely in territory that later became Swiss; French, which is the neo-Latin of Paris; Italian, which is the neo-Latin of Florence) or constructed at a table (such as Rumantsch Grischun, which is not a language spoken natively by anyone, but rather a compromise between five Ladin varieties), while, for example, Supraselvan (sursilvan) or Engadin (Ladin), which are in fact official languages (they were acroleptic until the introduction of Rumatsch Grischun and in practice still are today) are acroleptic but also considered dialects (official dialects, so to speak).
Article by Emanuele Rizzardi and Guido Borghi
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