Abbiamo intervistato l’istruttore di scherma storica Georgios E. Georgas. Gli abbiamo posto diverse domande per i nuovi iscritti della nostra Associazione e per chi non lo conoscesse ancora.
Georgios E. Georgas è un istruttore dell’Accademia di Arti Marziali Storiche Europee “Leontes” e membro della Gilda Freifechter di Meyer e della Gilda di San Michele.
L’Accademia di Arti Marziali Storiche Europee “Leontes” è l’unico club in Grecia a unire le Arti Marziali Storiche Europee (in inglese con l’acronimo HEMA), la scherma e il Pammachon alle rievocazioni storiche.
Georgas è allenatore certificato del Segretariato Ellenico Generale degli Sport e della Federazione Ellenica di Scherma; egli è, inoltre, un istruttore di Pammachon, Discipline dalla spada e Hoplomachia e rappresenta la Grecia nella Gilda di San Michele.
Gli allievi dell’Accademia di Arti Marziali Storiche Europee “Leontes” vengono istruiti in tecniche di duello, passi e tattica secondo i precetti dei Manuali europei di Armi e della tradizione della scherma. Vengono inoltre istruiti in tecniche, passi e tattica per schermaglie con più avversari (per esempio, 1 contro 2, 1 contro 3, 5 contro 5, ecc.), secondo i manuali di tattica bizantini e gli addestramenti di Pammachon armato.
Spadaccini, rievocatori e lottatori in armatura provenienti dall’America, dalla Gran Bretagna, da Cipro, dalla Bulgaria, dall’Italia, dalla Cina e dalla Spagna hanno ricevuto un addestramento in tattiche di armeria (Hoplomachia bizantina) e nella scuola attuano le tecniche e le tattiche utilizzate nei combattimenti a cui prendono parte.
Le rievocazioni storiche, come “Living History” e “Living Byzantium”, sono un’altra attività svolta dai membri dell’associazione. Per le rappresentazioni/rievocazioni storiche, dopo aver scelto un determinato periodo storico della storia bizantina, viene creato un modello del periodo storico in questione. Ad esempio, hanno ricreato una formazione oplitica risalente a Costantino il Grande il quale fu una guardia della Quinta Legione delle Legiones Palatinae degli Ioviani Iuniores. Per questo progetto hanno usato un equipaggiamento che fosse il più simile possibile a quello originale utilizzato all’epoca.
Per le rievocazioni l’Associazione collabora con archeologi, storici e bizantinisti.
Attraverso queste rappresentazioni, i rievocatori dell’Accademia delle Arti Marziali Storiche Europee “Leontes” hanno preso parte a documentari storici e a presentazioni digitali come quella al Palazzo dei Despoti di Mistrà. I suoi membri hanno preso parte ai più importanti eventi di rievocazioni storiche come quello a Ormskirk, in Gran Bretagna, in cui si mettevano in scena le schermaglie tra Bizantini e Franchi.
Inoltre, i membri dell’Accademia delle Arti Marziali Storiche Europee “Leontes” hanno avuto un ruolo attivo in un rito cavalleresco che rievocava il rituale della corte imperiale del Sacrum Palatium (in greco Ιερό Παλάτιον) dell’Impero Romano (in greco Βασιλεία Ρωμαίων) seguendo il protocollo degli ordini reali (in greco Βασιλείου Τάξεως) davanti agli occhi dei membri dell’Ordine dei Cavalieri, fatto per la prima volta in Grecia.
1) Preferisce la spatha o il gladio?
Parlo soltanto per mia esperienza personale. Dato che combatto esercitando il controllo delle distanze e usando tattiche di distanza specifiche, preferisco combattere con la spatha perché è una spada più lunga del gladio.
2) Ci sono delle armi latine che i bizantini hanno adottato dagli occidentali?
La mazza che noi in greco chiamiamo απελατίκι, βαρδούκιο, ματζούκιο, σιδηροράβδιον e κορύνη, è una delle armi di origine latina utilizzata dai greci. Fu ampiamente usata nell’esercito da Costantino il Grande per sconfiggere la cavalleria pesante romana. Da allora questa mazza divenne una delle armi primarie dell’esercito romano e, ovviamente, continuò a essere presente nell’esercito bizantino fino alla caduta dell’impero.
3) Ci può parlare della Guardia Variaga e dell’evoluzione dei loro equipaggiamenti nel tempo?
Questa è una domanda molto complessa perché i Variaghi provenivano da diversi regni e furono un’unità militare che prestò servizio all’impero per moltissimo tempo. La loro arma caratteristica era la grande ascia che usavano anche con due mani. Essa esistette sin dall’inizio e fino alla fine di questa unità militare.
Quando l’unità fu creata come guardia personale dell’imperatore, i soldati che ne facevano parte portarono il proprio equipaggiamento. Di conseguenza, l’equipaggiamento di questo specifico periodo era simile a quello dei Vichinghi dei Principati russi (Rus’ di Kiev): scudo rotondo con umbone, lancia, ascia, spada, cotta di maglia e elmo.
Quando la Guardia Variaga divenne l’unità standard dell’esercito bizantino, i Bizantini fornirono loro un equipaggiamento specifico. Questo fece sì che i Variaghi avessero un equipaggiamento misto. Dunque le lance, i giavellotti e le romfaie erano forniti dai bizantini; le spade, invece, da tradizione provenivano dalla loro patria, per motivi religiosi e per il profondo legame simbolico che avevano con la spada.
Queste spade erano lunghe, con impugnatura a una mano, grandi armi a doppio taglio con pomelli e impugnature decorate con motivi tipici del Nord Europa. La loro origine è gotica, quindi è sbagliato definirle spade vichinghe. Gli ufficiali variaghi usavano anche spade bizantine che, probabilmente, erano state loro regalate ed erano finemente decorate. Quando l’impero iniziò a impiegare le spade curve (il tardo paramerion) diversi ufficiali variaghi le usarono.
Lo stesso processo è evidente anche per le armature. I bizantini fornivano armature e scudi alle Guardie Variaghe. Dunque, eccezion fatta per la cotta di maglia, i Variaghi poterono usare l’armatura ad anello, l’armatura lamellare e anche l’armatura a scaglie dell’esercito bizantino.
Intorno all’anno Mille, gli scudi bizantini iniziarono a cambiare e si cominciò a impiegare lo scudo a goccia; anche i Variaghi iniziarono a usarli.
Durante il periodo comneno, le guardie variaghe erano i Sassoni. In questo interessante periodo i Variaghi usavano un equipaggiamento sia bizantino che sassone. Questo fu un periodo di cambiamenti perché ci furono le Crociate. Sia l’equipaggiamento variago che quello dell’intero esercito imperiale cambiò, soprattutto dopo i drammatici eventi del 1204. Il soldato bizantino era simile al soldato latino negli equipaggiamenti e questo influenzò anche la Guardia Variaga. Ovviamente l’equipaggiamento fisso non cambiò: l’ascia, i tradizionali pterigi (simili a “piume”) e i kremasmata dell’armatura erano gli elementi caratteristici del più antico e del più longevo impero del mondo, l’impero romano.
Dopo il XIV secolo i variaghi iniziarono a scomparire ma la loro storia continua a vivere.
4) Quali sono le influenze dei Musulmani sull’esercito romano? Che tipo di armi e che tipo di guerra portarono attraverso i lunghi rapporti che ebbero con l’impero?
- Per rispondere a questa domanda bisognerebbe scrivere un libro intero. I musulmani avevano molti regni e altrettante realtà, i quali adoperavano equipaggiamenti, tattiche e tecniche di guerra differenti. Quando le tribù arabe riunite sconfissero le legioni romane nello Yarmuk, l’impero disgregò le legioni e creò l’esercito tematico; ci fu poi la lunga guerra tra i Saraceni e i Bizantini che andò avanti per lunghissimo tempo. Seguì poi l’invasione dei Selgiuchidi che furono combattuti in modo estremamente diverso rispetto agli Arabi; infine, gli Ottomani, anch’essi combattuti in modo differente rispetto ai Selgiuchidi. Possiamo così comprendere che ci furono delle influenze per entrambi.
Per esempio, dopo la disfatta delle legioni romane nello Yarmuk si ebbe come risultato l’abolizione delle legioni da parte degli imperatori e la conseguente creazione dei themi e il potenziamento dei limitanei che vennero chiamati Acriti (soldati scelti posti a guardia delle frontiere orientali dell’impero bizantino).
L’esercito smette di usare le antiche tattiche greco-romane standard e divenne molto più flessibile e veloce. La cavalleria divenne “arma” principale dei Bizantini. Furono create nuove tattiche che negli anni a seguire divennero le migliori tattiche militari. Una di esse fu la περί παραδρομής πολέμου. Essa è una tattica di guerriglia che fu inizialmente usata dagli Arabi ma i Greci la aggiornarono e perfezionarono.
In questo periodo l’equipaggiamento veniva usato con doppia funzione, soprattutto nel thema orientale. La cotta di maglia, la klivania, la spada dritta venivano ampiamente usate con differenze minime.
Un’ulteriore arma adottata fu il kalimaphikion. Venivano usate sopra gli elmi e si differenziavano in base a come si legavano ad esso.
L’arma che rivoluzionò tutto fu la spada curva, la sciabola. Questa spada era un’arma originaria dei popoli della steppa e non degli Arabi. Noi l’abbiamo adoperata per primi e poi gli Arabi hanno iniziato a usarla. Questa spada era diffusa tra le tribù turche e veniva usata anche in Ungheria e in Polonia. Essa era uno strumento molto utile per la cavalleria. Questo tipo di spada si diffuse anche nell’impero e iniziò a essere usata anche dai fanti e fu usata fino alla caduta dell’impero.
5) L’equipaggiamento del tardo impero scomparve o si mescolò con nuovi elementi evolvendosi senza dunque scomparire?
L’equipaggiamento del tardo impero romano non scomparve del tutto, è più corretto dire che esso mutò e alcuni elementi non smisero mai di esistere. Posso fornire molti esempi in merito.
Il primo è quello dell’uso della cotta di maglia, la Lorica Hamata. Forse si smise di usare il nome latino per la cotta di maglia perché l’impero divenne greco, ma l’armatura continuò a esistere anche dopo la caduta dell’impero. Possiamo seguirne le tracce in Peloponneso, a Creta e in altri luoghi che opposero resistenza contro gli Ottomani. Ovviamente ci furono molti cambiamenti di forma (lunga, corta, ecc.) ma la cotta di maglia come armatura continuò a esistere.
Un altro elemento dell’equipaggiamento era la mazza. La mazza iniziò a essere usata prima dai fanti durante il regno dell’imperatore Costantino il Grande e poi da tutte le unità dell’esercito. Sia la cavalleria leggera che la cavalleria pesante impiegavano la mazza (απελατίκι) e, come detto prima, anche i fanti.
Inoltre era l’arma degli ufficiali di alto rango della Corte Imperiale per uso cerimoniale. Tutt’oggi è usata come arma cerimoniale: è il bastone del maresciallo.
L’equipaggiamento più comune utilizzato dal tardo impero romano fino alla sua caduta è l’arma caratteristica dell’esercito greco (non dico “romano” perché l’arma caratteristica dei Romani era ed è la spada), la lancia. La lancia, sin dall’antica Grecia fino alla caduta e ben oltre fu l’arma fondamentale dei Greci. Achille uccise Ettore con essa. Anche quando la Repubblica romana conquistò gli stati ellenici, i Greci che prestarono servizio nelle legioni come alleati usavano la lancia. Quando la Repubblica divenne Impero i Greci usavano la lancia nelle legioni romane come Romani adesso, non come alleati. Nell’impero bizantino l’intera Taktika riporta la lancia come arma principale. Con quest’arma i Romani/Bizantini sconfissero i Sassoni, i quali erano maestri nell’arte del combattimento con spada. Anche nella cavalleria venivano adoperate la lancia e la lancia lunga in tutti i periodi storici. Dunque, questa è un’arma presente nell’esercito romano dall’inizio alla fine.
L’armatura a scaglie e i pterigi scomparvero quasi come armature protettive. Anche gli elmi e alcuni tipi scudo, ovviamente, ma tutto ciò è logico perché furono adottati nuovi equipaggiamenti per il campo di battaglia.
6) Ci può descrivere la cavalleria romana e il suo stile di combattimento rispetto a quello della fanteria durante l’epoca comnena?
Come ho detto precedentemente, quello dei Comneni fu un periodo di cambiamenti. Sappiamo che nella Battaglia del Dyrrachion la cavalleria combatté nel modo greco-romano tradizionale. Fu un disastro. I Normanni con un nuovo metodo di combattimento e nuovi equipaggiamenti sconfissero i Bizantini. Sappiamo che in seguito a questo gli imperatori adottarono la tecnica di cavalcata dei Normanni. Il vecchio metodo prevedeva l’uso della lancia o della spada impugnata all’altezza dei fianchi. I Normanni avevano invece trovato un’altra tecnica che era molto più forte nel primo colpo (si concentrava su questo): loro impugnavano la lancia sotto l’ascella. Dunque, l’impero iniziò a usare sia la nuova tecnica presa dai Normanni che quella vecchia. Questa informazione ci è resa nota da un trattato mamelucco del XIV secolo. Vi era una tecnica con la lancia chiamata Blocco Siriaco e l’autore che era greco la chiamò anche Blocco Romano. La tecnica è stata messa per iscritto nel XIV secolo ma se si legge il testo esso descrive l’antico catafratto greco-romano.
Un ulteriore stile di combattimento della cavalleria è il seguente. La cavalleria comincia con una ritirata tattica e poi, a sorpresa, i cavalieri girano i loro cavalli di 180 gradi e caricano contro il nemico. Questa si presenta come una totale sorpresa per il nemico. Questa tecnica fu usata anche dal celebre imperatore Manuele Comneno con la differenza che egli la mise in atto da solo contro molti avversari e li sconfisse tutti.
Nell’arte bizantina del IX secolo possiamo vedere rappresentate delle posizioni della cavalleria dell’epoca e in alcuni trattati tedeschi del XV secolo Fiore, Talhoffer e Falkner sono citate le tecniche del combattimento a cavallo e viene spiegato come un cavaliere in ritirata o in fuga armato di asta può affrontare il suo inseguitore.
Quello che è impressionante è che queste “tecniche” si trovano anche nelle miniature bizantine ma senza menzionare come potessero essere messe, non essendo manuali di guerra o di armi. Dunque, alcune tecniche menzionate nei manuali di Hoplomachia dovevano essere conosciute e usate secoli fa, ma per qualche ragione non sono state trascritte o, se trascritte, non sono state ancora trovate. Ovviamente, non voglio dire che gli italiani o i tedeschi abbiano preso queste tecniche dai bizantini, dopotutto sin dai tempi antichi i Germani prestarono servizio come soldati nell’impero romano. Al contrario, voglio dire che alcune tecniche erano le stesse e che erano usate da quasi tutti gli eserciti del mondo conosciuto d’allora.
Lo stile di combattimento della fanteria non è cambiato molto. Abbiamo le falangi, la formazione a fulcon (qualcosa di simile alla testuggine romana); ma abbiamo qualcosa di unico nelle cronache di storia militare (di questo periodo). L’imperatore Alessio usava una manovra di tattica militare mista con soldati appiedati e cavalleria per proteggere gli esuli. Essa era la Paratassi a quadrato vuoto. Inizialmente era una ritirata tattica ma poi rappresentò una grande vittoria contro i Selgiuchidi. Sappiamo anche che i Bizantini erano addestrati molto bene all’arte della spada.
Molti studiosi di scherma storica sono in forte disaccordo con la tesi che sostiene che i duelli cavallereschi avvenivano solo nei regni dell’Europa occidentale e sostengono che solo questi avessero delle regole, perché si concentrano sui manuali di hoplomachia. Ma in questo testo si può leggere che esisteva un metodo organizzato di allenamento, ma solo per i duelli.
1138. L’assedio del Castello di Vahka.
Nel 1137 ci fu una guerra tra gli Armeni e i Bizantini. Giovanni II Comneno aveva organizzato una campagna contro gli Armeni di Cilicia e il loro re, Leone I. Dopo la conquista della capitale armena, i Bizantini attaccarono tutte le fortezze armene che avevano opposto resistenza. Durante l’assedio del Castello di Vahka uno dei suoi difensori sfidò i bizantini a duello offendendoli. Il suo nome era Costantino e sfidava ogni giorno i bizantini mentre rimaneva totalmente armato nel castello. L’imperatore Giovanni era furioso nei confronti dell’armeno e ordinò ai suoi ufficiali di trovare un valido guerriero bizantino per combattere contro di lui. Nessuno accettò perché Costantino era un ottimo soldato. Finalmente, un soldato greco si fece avanti dalla formazione macedone. Il suo nome era Eustrazio. Gli diedero una speciale armatura per il duello e un largo scudo che usavano esclusivamente nei duelli e una spada nuova. Eustrazio lasciò l’accampamento bizantino e si recò al castello dove sfidò Costantino, il quale accettò la sfida. Egli aveva una spada e un largo scudo bianco con una croce sopra.
I due avversari iniziarono a combattere. Costantino cominciò cercando di colpire Eustrazio velocemente e con tutta la sua forza, mentre Eustrazio si difendeva con il suo scudo. L’unica cosa che Eustrazio faceva era parare i colpi e di tanto in tanto alzare la spada sopra la sua testa per dimostrare di voler colpire a sua volta, anche se non lo fece. L’imperatore stava assistendo al duello ed era preoccupato per il modo in cui Eustrazio stava combattendo. Anche i suoi compagni gli urlavano di colpire. Eustrazio non si muoveva e il suo avversario era stanco, ma all’improvviso colpì l’armeno dall’alto. Il colpo fu così forte che ruppe lo scudo dell’armeno in due. Costantino si spaventò a tal punto da rinunciare al combattimento e correre al castello abbandonando il duello. Eustrazio fu il vincitore, aveva combattuto abbastanza bene. Costantino così non osò insultare i bizantini di nuovo, tantomeno l’imperatore. Quest’ultimo premiò Eustrazio per il successo e per aver ripristinato il suo onore. Egli chiese a Eustrazio perché non avesse colpito il suo avversario più di una volta. Eustrazio rispose che il suo obiettivo era quello di tirare un colpo dall’alto così da tagliare lo scudo e il suo avversario in due. Nonostante la posizione alta di guardia non era riuscito a completare il suo attacco perché l’armeno reggeva il suo scudo troppo in avanti, creando così una distanza troppo grande tra il suo corpo e lo scudo. Questa fu la ragione per cui Eustrazio non aveva potuto tagliare la testa dell’armeno quando ne aveva tagliato lo scudo.
Questo duello è molto importante perché assistiamo a un duello cavalleresco tra un bizantino e un armeno. È uno dei pochi duelli attestati in cui un guerriero bizantino è un romano d’origine e non un mercenario a servizio dell’esercito bizantino. Ciò vuol dire che questo tipo di duello non era sconosciuto nell’impero.
Inoltre, è un fatto appurato che il soldato bizantino non combatteva con il suo solito equipaggiamento ma con un’armatura, una spada e uno scudo utilizzati esclusivamente per i duelli. Il suo scudo era grande e la sua spada nuova di zecca.
Dunque, questo prova che non solo i duelli erano comuni nell’esercito romano ma che usassero anche un equipaggiamento specifico per metterli in atto. L’autore che scrive del duello fornisce una definizione. Egli lo chiama “‘’μοναθλία’’(monathlia) e non “μονομαχία’’ (= duello), che sarebbe poi diventata una parola ben nota in futuro. Ma secondo il dizionario greco-tedesco Griechisch-Deutsches Handwörterbuch (Dizionario conciso Greco-Tedesco) (1849) Volume 2, p. 196, di Wilhelm Pape vediamo che μον – αθλία = μονομαχία (duello).
7) Ci può parlare ora della storicità dell’unità di picchieri dei Menavlatoi?
I Menavlatoi erano un’unità militare d’elite quindi dovevano essere coraggiosi, forti, addestrati a soddisfare le richieste della loro difficile missione. Nel caso in cui i catafratti nemici avessero distrutto le “tre lance oplitiche”, sarebbero intervenuti in tempo e avrebbero forzato i nemici alla ritirata. Niceforo Foca scrisse nel suo rapporto strategico: “… individui solidi, resistono coraggiosamente, incassando le spinte dei catafratti nemici e respingendoli” (in greco: ...στερεοί όντες, ιστανται γενναιως, δεχόμενοι την των Καταφρακτων ορμήν και αποστρεφουσιν αυτούς.).
L’imperatore Niceforo Foca stesso consigliava che le loro menavlia (le lunghe aste delle loro lance) non fossero fatte di “legno tranciato” ma di quercia o di osso e chiamate atzikidia. Niceforo Urano scrive che la lunghezza delle menavles andava dai 2.7 ai 3.6 metri e con un extra compreso tra 35 e 47 centimetri.
La posizione dei menavlatoi era in prima linea insieme alla cavalleria leggera (greco δορυφόροι) e a rafforzamento degli elementi dell’avanguardia, come analizzato da Foca. Per questa tattica, durante il X secolo la combinazione tra menavlatoi e cavalleria e fanteria pesantemente armate fu un’innovazione. I menavlatoi erano un tipo di fanteria che doveva fronteggiare la cavalleria pesante nemica.
L’imperatore Foca scrive che i menavlatoi dovevano essere strettamente legati agli opliti pesantemente armati e non una cosa separata. Al contrario, l’anonimo redattore della Collezione di Tattiche scrive che i menavlitoi erano un corpo speciale di 300 uomini, che stavano a 55-75 metri dalla fanteria. Foca, invece, stimava che fossero 100 soldati per ognuna delle dodici brigate. Entrambe le fonti sostengono che i menavlitoi si spostassero in prima linea per essere a stretto contatto con il nemico e per uccidere i loro cavalli con la lancia così da rendere inutili i loro cavalieri.
Il contributo che fornivano per il successo della battaglia era quello di dare il tempo necessario alle divisioni degli arcieri di rompere la formazione nemica, neutralizzando la maggior parte dei cavalieri che poco prima avevano perso i loro cavalli a causa delle loro lance. Dunque, era necessario un tempismo perfetto.
Una tattica simile è descritta da Eliodoro nel III secolo quando, riferendosi alla battaglia di Syene tra l’imperatore etiope Hydaspes e i Persiani, i lancieri che aprirono il fuoco sulle tribù dei Blemmi, alleati degli Etiopi, riuscirono a fare breccia tra barricate dei Persiani.
Cogliamo l’occasione per ringraziare nuovamente Georgios E. Georgas, è sempre un piacere e un onore chiacchierare con lui. Alla prossima!
Un articolo di Piero Rubano
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