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Immagine del redattoreEmanuele Rizzardi

Le relazioni fra la Chiesa di Roma e di Costantinopoli nel Medioevo (seconda parte) ita/eng

Oggi presentiamo un articolo di divulgazione tecnica, con particolare attenzione alle fonti per raccontare una storia lunga e articolata. Realizzato da K. Kovachev e tradotto da R. Brocchieri.


La prima parte è disponibile qui: https://assobyzantion.wixsite.com/assobyzantion/post/le-relazioni-fra-la-chiesa-di-roma-e-di-costantinopoli-nel-medioevo-prima-parte-ita-eng "L'idea che il Grande Scisma abbia una data precisa, il 1054, è radicata nel pubblico. Invece, come abbiamo già visto, la divisione tra Oriente e Occidente iniziò nell'alto Medioevo. L’atto formale dello Scisma nel 1054 non è un evento isolato, avvenuto accidentalmente in un momento e uno spazio specifici, ma è il risultato di processi iniziati molto prima di quell'anno fatale e che hanno portato a differenze ideologiche e alla rottura della comunione ecclesiale tra la Chiesa romana occidentale e le chiese ortodosse locali orientali. Lo storico britannico Stephen Runciman (1903-2000) nel suo studio sullo Scisma ha voluto dimostrare che dietro il conflitto non c’erano solo incongruenze teologiche, ma eventi politici, differenze ideologiche e pregiudizi (Runciman 1955: v). Il filosofo bulgaro Georgi Kapriev è persino incline a definire gli eventi del 1054 come una "tappa intermedia" nel corso delle relazioni dinamiche tra Oriente e Occidente (Kapriev 2020: 20).

Basandosi sugli studi del bizantinista francese Paul Lemerle (1903-1989), Alexander Kazhdan e Ann Wharton Epstein sono dell'opinione che per i contemporanei degli eventi del 1054, la spaccatura "non abbia un significato così profondo". Ad esempio, citano come nella Cronografia di Psello non se ne faccia menzione, pur rilevando che l'autore bizantino lodò il Patriarca Michele I Cerulario per "i suoi attacchi alle false dottrine dei latini" (Kazhdan 2001: 212). Approfondendo il loro studio della cultura bizantina i due studiosi devono comunque concludere che malgrado il tono casuale dei singoli autori e nonostante i contatti tra Roma e Costantinopoli continuassero anche dopo il 1054, “le differenze sociali fondamentali tra Oriente e Occidente portarono sia a dispute teologiche sia a discrepanze puramente funzionali nel campo della pratica e del pensiero religioso" (Kazhdan 2001: 216).

Interrogando sul perché gli eventi di 1054 sono interpretati come un "Grande Scisma" da diversi storici, Kapriev sostenne come i contemporanei di questi eventi non vedevano nient'altro che l’ennesimo conflitto ecclesiastico che non danneggiava irreparabilmente i rapporti tra le chiese. Entrambe le parti stavano cercando di dimenticare questo litigio il prima possibile. Tuttavia, il ricercatore ha cercato di argomentare la sua posizione, individuando quei momenti immediatamente dopo il 1054, in cui si nota un dialogo tra Oriente e Occidente (Kapriev 2020: 20). Questa ricerca del dialogo venne influenzata dal contesto e fu anche un tentativo del potere imperiale di stabilizzare il paese e il suo potere. Altrove nel suo testo, Kapriev ha osservato che i conflitti sono stati spinti "in secondo piano da considerazioni di potere-politiche" (Kapriev 2020: 22). Allo stesso tempo, Kapriev ha ragione sul fatto che il 1054 era semplicemente parte della grande disputa ecclesiastica iniziata secoli prima. Come il filosofo notò ulteriormente nel suo lavoro, i processi che accompagnavano la disputa ecclesiastica del 1054 "non erano innocui" e furono "fondamentali per accelerare l'alienazione reciproca tra i due rami del cristianesimo" (Kapriev 2020: 21-22).

La lotta continuò con l'uso di mezzi vari e drastici. Il 1182 è associato ai massacri di massa dei latini a Costantinopoli. Allo stesso tempo, il principe del Principato di Antiochia, Boemondo I (1098-1111), propose a papa Pasquale II (1099-1118) misure drastiche contro l'Oriente. Il papa fu irremovibile sul fatto che fosse giunto il momento per il Patriarcato di Costantinopoli di mostrare devozione e riverenza per Roma (Neocleous 2019: 42).

Il nuovo imperatore Alessio I Comneno si trovò ad affrontare il difficile compito di stabilizzare l'Impero in un momento in cui era sotto attacco da parte di Normanni, Peceneghi e Selgiuchidi (Neocleous 2019: 9). Dal punto di vista strategico, il nuovo sovrano si rese conto dell'impossibilità di combattere su tutti i fronti e del pericolo di una possibile alleanza dell'Occidente contro l'Impero. Questo spiega tentativi dell’Imperatore di cercare il riavvicinamento e la riconciliazione con la Chiesa romana, così come il suo rifiuto di uccidere i suoi fratelli cristiani occidentali (Kolbaba 2000: 10). L'intervento delle autorità secolari nel rapporto tra le chiese e il tentativo di rovesciare lo Scisma iniziò subito dopo la sua proclamazione ufficiale (1054), ma allo stesso tempo fu influenzato dalla minaccia normanna proveniente dall'Occidente. Papa Gregorio VII era determinato a sfruttare al meglio la situazione dell'Impero e negoziò contro l'Imperatore con i Normanni, che iniziarono la loro espansione nei Balcani, entrando e minacciando il mondo bizantino. Attraverso il suo sostegno a chi invadeva l'universo ortodosso, il Papato vide l'opportunità di riconquistare la sua influenza perduta e i suoi territori.

Gli imperatori romani avevano l’obbiettivo di salvare la struttura imperiale e di proteggere le loro pretese territoriali nell'Italia meridionale. Questo fu il motivo per cui alcuni di loro "sostennero l'universalismo ecclesiastico romano a scapito della propria chiesa" (Ostrogorski 1996: 434-435). Già nel 1089, su suggerimento dell'imperatore, fu organizzato un consiglio ecclesiastico a Costantinopoli, nel corso del quale fu discussa la questione del rovesciamento dello Scisma.

Allo stesso tempo, le crociate nacquero in Occidente. L'apparizione dei cavalieri occidentali con le loro mogli, figli, prostitute, servi e clero nel mondo bizantino causò un "vero shock nell'impero" (Kazhdan 2001: 198). Per l'Impero bizantino, questa fu una sfida, specialmente quando l’obbiettivo delle crociate si spostò dalla liberazione della Terra Santa alla conquista di Costantinopoli. Il 13 aprile 1204, i Crociati conquistarono la capitale bizantina di Costantinopoli e fondarono l'Impero Latino. L'arcivescovo Demetrios Chomatenos di Ocrida notò degli eventi del 1204: "Lo splendore del regno e della gerarchia di Costantinopoli scomparve con l'invasione dei latini" (Kaymakamova 2014: 379). Come risultato di questi eventi, la Chiesa romana "assorbì" politicamente, legalmente e gerarchicamente il Patriarcato di Costantinopoli. Questo era solo "istituzionale", ma gli ortodossi non riconobbero mai l'autorità spirituale cattolica e misero in discussione la legittimità del Patriarca latino di Costantinopoli, Tommaso Morosini (Kokudev 2016: 43). Il "popolo di Dio" che abitava Costantinopoli dimostrava di non aver accettato la "tirannia" del vescovo romano e di percepire l'idea dell'obbedienza al Papa come qualcosa di estraneo alla propria identità religiosa (Kokudev 2016: 42).

La distruzione dell'Impero bizantino e gli eventi del 1204 sono percepiti da alcuni ricercatori come l'"anno del vero scisma" (Kapriev 2020: 14). I governanti dell'Epiro si consideravano difensori della fede contro i latini e i liberatori delle province occidentali dal "pesante giogo latino" che perseguitava l'ortodossia (Snegarov 1995: 110). Allo stesso tempo, i nuovi momenti dello scontro tra Oriente e Occidente furono collegati non solo alla lotta per la liquidazione dell'Impero Latino e per la conservazione dell'ortodossia, ma anche per conquistarsi un posto tra gli imperatori bizantini a Costantinopoli (Panov 1985: 227).

Dopo la restaurazione dell'Impero Bizantino nel 1261, la coalizione anti-bizantina, guidata da Carlo I d'Angiò, re di Sicilia e dell'Italia meridionale, si rafforzò. Voleva ricostruire l'Impero Latino e vedeva come suoi possibili alleati Serbia e Bulgaria (Panov 1985: 235). Gli eventi che circondavano la fine dell'Impero Latino e la rinascita dell'Impero Bizantino furono difficili da accettare da parte della Curia Romana, che non riusciva ad accettare il ripristino del "regno scismatico greco" (Zarov 2009: 7). Nonostante vari tentativi di dichiarare la fine dello Scisma, specialmente intorno al Secondo Concilio di Lione, il Patriarca di Costantinopoli e il clero ortodosso mantennero ferma la posizione di non comunione con i latini fino a quando non avessero rinunciato alle loro innovazioni. Il Sinodo ortodosso convocato nel 1283 interruppe ufficialmente ogni comunione con la Chiesa romana (Zarov 2009: 14).

Nel XIV secolo, la Santa Sede di Roma non abbandonò il desiderio di imporre il suo dominio ai Balcani e di convertire - anche con la forza - la popolazione ortodossa locale al cattolicesimo. Una nuova diocesi episcopale cattolica venne istituita a Skopje, diventando un centro per la diffusione del cattolicesimo in Macedonia (Nikolov 1996: 93). Si Iniziò a pianificare una nuova crociata contro Costantinopoli, la cui implementazione fallì a causa della scarsa organizzazione (Mladenov 2011: 257). Nonostante il fallimento, possiamo vedere come l'idea di restituire Costantinopoli e i Balcani al potere di Roma, sia rimasta costante e diffusa nel mondo occidentale. Un tentativo fallito fu fatto dai latini persino di rubare le reliquie di San Jovan Vladimir (Savova 2017: 247)."


The dynamic relations between Rome and Constantinople (second part)



Written by Kristiyan Kovachev


Translated by Roberto Brocchieri The idea that the beginning of the Great Schism was set in 1054 is embedded in public opinion. As we have already seen, the division between East and West began in the early Middle Ages. The official proclamation of the Schism in 1054 is not a single event, accidental at a specific time and space, but is the result of lasting processes that began long before this year and led to ideological differences and the rupture of ecclesial communion between the Western Roman Church and Eastern local Orthodox churches. The British historian Stephen Runciman (1903-2000) in his study of Schism aimed to prove that behind the conflict are not only theological inconsistencies, but political events, ideological differences and prejudices (Runciman 1955: v). The Bulgarian philosopher Georgi Kapriev is even inclined to define the events of 1054 as an "intermediate stop" in the course of the dynamic relations between East and West (Kapriev 2020: 20).

Based on the theses of the French Byzantine scholars Paul Lemerle (1903–1989), Alexander Kazhdan and Ann Wharton Epstein are of the opinion that for the contemporaries of the events of 1054 the rift "does not have such a deep meaning". As an example, they cited the lack of mention of the conflict in Psell's Chronography, although they added that the Byzantine author praised Patriarch Michael I Cerularius for "his attacks on the false doctrines of the Latins" (Kazhdan 2001: 212). Further in their study of "Byzantine culture", however, the two authors concluded that - despite the liberal tone of individual authors and despite contacts between Rome and Constantinople even after 1054 - "fundamental social differences between East and West lead, along with theological disputes, and to purely functional discrepancies in the field of religious practice and thought” (Kazhdan 2001: 216).

Questioning the events of 1054 m interpreted as a "Great Schism" by different historians, Kapriev also accepted that the contemporaries of these events did not see in them anything more than another church conflict. Relations between the churches had not been seriously damaged by him. Both sides are trying to forget this quarrel as soon as possible. However, the researcher attempted to argue his position, pointing to those moments immediately after 1054, in which a dialogue between East and West is seen (Kapriev 2020: 20). This search for dialogue was influenced by the relevant context and it was an attempt by a ruler to stabilize his country and power. както Elsewhere in his text, the researcher noted that conflicts were pushed "into the background by power-political considerations" (Kapriev 2020: 22). At the same time, Kapriev was right that 1054 was simply part of the great ecclesiastical dispute that began centuries earlier. As the philosopher further noted in his study, the processes accompanying the church dispute of 1054 "were not harmless" and were "key to the accelerated mutual alienation between the two branches of Christianity" (Kapriev 2020: 21-22).

Opposition continued with the use of various and drastic means. 1182 is associated with the mass massacres of the Latins in Constantinople. At the same time, the prince of the Principality of Antioch, Bohemond I (1098–1111), proposed to Pope Paschal II (1099–1118) drastic measures against the East. The pope is adamant that the time had come for the Patriarchate of Constantinople to show devotion and reverence for Rome (Neocleous 2019: 42).

The new emperor Alexios I Komnenos faced the difficult task of stabilizing the Empire at a time when it was under attack by the Normans, Pechenegs and Seljuks (Neocleous 2019: 9). As a strategist, the new ruler realized the impossibility of fighting on all fronts, and the danger of a possible alliance of the West against the Empire. This also explained Vasilevs' attempts to seek rapprochement and reconciliation with the Roman Church, as well as his refusal to kill his Western Christian brethren (Kolbaba 2000: 10). The intervention of the secular authorities in the relationship between the churches and the attempt to overthrow the Schism began immediately after its official proclamation (1054), but at the same time was influenced by the Norman threat coming from the West. Pope Gregory VII was determined to make the most of the Empire's predicament and negotiated against the emperor with the Normans, who began their expansion in the Balkans, entering and threatening the Byzantine world. Through its support for those invading the Orthodox universe, the Papacy saw an opportunity to regain its lost influence and its territories.

The Roman emperors were trying to save the imperial state order and to protect their claims to the territory they had in southern Italy. This was the reason why some of them "supported Roman ecclesiastical universalism to the detriment of their own church" (Ostrogorski 1996: 434-435). Even in 1089, at the suggestion of the emperor, a church council was organized in Constantinople, at which the question of overthrowing the Schism was discussed.

At the same time, the crusade was born in the West. The appearance of the Western knights with their wives, children, prostitutes, servants and clergy in the Byzantine world caused a "real shock in the empire" (Kazhdan 2001: 198). For the Byzantine Empire, this was a challenge, especially as the crusade expanded and the focus shifted from the liberation of the Holy Land to the conquest of Constantinople. On April 13, 1204, the Crusaders captured the Byzantine capital of Constantinople and they established the Latin Empire. Archbishop Demetrios Chomatenos of Ohrid noted about the events of 1204: „The splendor of the kingdom and of the hierarchy of the Constantinople disappeared with the invasion of the Latins” (Kaymakamova 2014: 379). As a result of these events, the Roman Church "absorbed" politically, legally and hierarchically Patriarchate of Constantinople. This was only "institutional", but the Orthodox did not recognize the Catholic spiritual authority and question the legitimacy of the Latin Patriarch of Constantinople, Thomas Morosini (Kokudev 2016: 43). The "people of God" inhabiting Constantinople show that they did not accept the "tyranny" of the Roman bishop, and perceive the idea of obedience of the pope as something foreign to their own religious identity (Kokudev 2016: 42).

After the destruction of the Byzantine Empire and the events of 1204 - perceived by some researchers as the "year of true schism" (Kapriev 2020: 14), Epirus rulers saw themselves as fighters against the Latins and liberators of the western provinces from the "heavy Latin yoke" associated with strong persecution of Orthodoxy (Snegarov 1995: 110). At the same time, the new moments in the confrontation between East and West were connected not only with the struggle for the liquidation of the Latin Empire and for the preservation of Orthodoxy, but also with the conquest of a place among the Byzantine emperors in Constantinople (Panov 1985: 227).

After the restoration of the Byzantine Empire in 1261, the anti-Byzantine coalition, led by Charles I of Anjou, ruler of Sicily and southern Italy, strengthened. He wanted to rebuild the Latin Empire and saw his allies in the face of Serbia and Bulgaria (Panov 1985: 235). The events surrounding the end of the Latin Empire and the revival of the Byzantine Empire were difficult to accept by the Roman Curia, which could not reconcile itself to the re-establishment of "the Greek schismatic kingdom" (Zarov 2009: 7). Despite separate attempts to declare the end of the Schism, especially around the Second Council of Lyon, the Patriarch of Constantinople and the Orthodox clergy maintained a firm position of non-communion with the Latins until they renounced their innovations. The Orthodox Synod convened in 1283 officially cut off all communion with the Roman Church (Zarov 2009: 14).

In the fourteenth century, the Holy See in Rome apparently did not give up its desire to impose its rule on the Balkans and to baptized - even forcibly - the local Orthodox population to Catholicism. A new Catholic Episcopal Diocese had been established in Skopje, becoming a center for the spread of Catholicism in Macedonia (Nikolov 1996: 93). The planning of a new crusade to Constantinople began, the implementation of which failed due to poor organization (Mladenov 2011: 257). Despite the failure, we can see the idea of returning Constantinople and the Balkans to Roman hands, which has been increasingly imposed and spread in the Western world. An unsuccessful attempt was made by the Latins to steal the relics of St. Jovan Vladimir (Savova 2017: 247).

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